Roma, appalti al San Camillo, gli occhi della banda sugli appalti del Cristo Re

Roma, appalti al San Camillo, gli occhi della banda sugli appalti del Cristo Re
di Michela Allegri
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Sabato 12 Novembre 2016, 07:56 - Ultimo aggiornamento: 13 Novembre, 12:38

Non si accontentava di dirigere gli appalti per la ristrutturazione dell'ospedale San Camillo Forlanini. Non gli bastava nemmeno pilotare commesse a sei zeri che, sistematicamente, venivano vinte da società amiche o a lui riconducibili. L'architetto Alessandro Agneni, ex direttore dell'Unità di Ingegneria del nosocomio, ora in carcere per corruzione, peculato e turbativa d'asta, aveva messo gli occhi anche sui lavori in programma in un altro istituto: il Cristo Re, in via delle Calasanziane. E' scritto in un'informativa dei Carabinieri della compagnia Trastevere, datata 5 agosto 2015 e agli atti dell'inchiesta del pm Stefano Fava, in cui si contano 26 indagati e 10 arrestati.
IL RESOCONTO
Non è tutto. Nel resoconto conclusivo stilato dai militari lo scorso 18 gennaio, si legge anche che Agneni e i suoi sodali agivano all'interno del San Camillo quasi da despoti. Volevano gestire la totalità degli interventi. Tanto che, quando una ditta concorrente era stata ingaggiata per riparare una porta difettosa, era scattata un'operazione di sabotaggio. E' il 17 ottobre 2015, si rompe uno degli ingressi del blocco operatorio. La società Cofely è sul piede di guerra. Si tratta della ditta favorita da Agneni e in prima fila nell'aggiudicazione di una sfilza di appalti. Il dg Antonio D'Urso si è accorto che nei contratti stipulati con l'azienda c'è qualcosa di strano: alcuni lavori vengono contabilizzati in modo anomalo. L'ultima delibera in favore della Colefy viene quindi bloccata. La ditta, oltretutto, subappalta molti interventi alla Stim, società amministrata da Daniele Saccà - ora in carcere - e riconducibile all'architetto. A causa dei problemi con la delibera, la Colefy si rifiuta di eseguire la riparazione. Viene ingaggiata un'altra azienda e gli indagati s'infuriano. Parte un giro vorticoso di telefonate; Saccà incarica il suo collaboratore Walter Salemme «di sabotare l'uscio per far emergere l'incapacità della ditta intervenuta», si legge nell'informativa. Andiamo con ordine. Agneni dice a Saccà che il nosocomio ha chiamato la società Francia che, a suo dire, non sarebbe autorizzata. Saccà è infastidito: «Ma pensa un po' st'azione di chiamare Francia», sbotta. «E' n'affronto - continua Agneni - Che chiunque vo' entrà dentro, nun po' essere!». Saccà contatta poi Salemme. «Non deve funzionare lunedì sta cosa», sentenzia.
LA GARA
Per quanto riguarda il Cristo Re, gli investigatori scrivono che il 22 luglio 2015 «venivano intercettate conversazioni rilevanti che lasciavano intendere un interesse di Agneni anche in altre gare». Si riferiscono al bando per «la riqualificazione e adeguamento strutturale dell'ospedale». Si tratta di una commessa «che risultava molto a cuore all'architetto. Lo stesso non faceva mistero di parteciparvi, come emerge da una conversazione intercettata». Agneni dice che aveva partecipato all'apertura delle buste amministrative presso il nosocomio. Un altro punto su cui insistono gli inquirenti, è l'ingente patrimonio accumulato dall'architetto in poco tempo: ha comprato appartamenti per 980mila euro. In via Giolitti ha acquistato una casa del valore di 460mila euro, nel 2009. Nei due anni successivi ha preso un locale commerciale in via Nino Bixio, e altri due immobili all'Esquilino. Gli stessi locali, per l'accusa, sarebbero stati dati in affitto a persone da lui favorite che, però, non li avrebbero occupati. Per gli inquirenti, sarebbe il prezzo della corruzione.
 

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