Roma, al Fatebenefratelli è psicosi Tbc, sette casi in 4 mesi: visite disdette

Roma, al Fatebenefratelli è psicosi Tbc, sette casi in 4 mesi: visite disdette
di Raffaella Troili
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 25 Ottobre 2017, 07:44 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 20:05

Sette casi di Tubercolosi in quattro mesi al Fatebenefratelli, colpiti medici, operatori, una studentessa di Scienze infermieristiche, infine un dipendente del bar interno. Nell'ospedale sull'Isola Tiberina arrivano le disdette dei pazienti, «vengo tra un mese», c'è chi si presenta con la mascherina quando nessuno l'ha consigliata, la paura va di pari passo con le informazioni dell'ultima ora, ma i vertici del Fatebenefratelli precisano che se dopo il primo focolaio di maggio ne sono emersi altri e forse altri ancora ne usciranno è solo perché l'ospedale ha avviato uno screening approfondito su tutti i nostri dipendenti. «E' stata l'occasione - spiega Maria Rosaria Russo della direzione sanitaria - per eseguire esami più accurati, in particolare il Quantiferon, test più preciso di quello previsto dal ministero».
A rischio pazienti fragili, con malattie croniche, tumorali, diabetici, ma ad ammalarsi sono stati i medici, gli infermieri specie di front office, di pronto soccorso. «L'ospedale è aperto a tutti e ci espone, di casi di pazienti con tbc ne abbiamo faldoni non ci sono solo adesso, la malattia non è mai sparita si è evoluta, e il bacillo si è evoluto con noi». Anche la notte scorsa due pazienti con sospetta tubercolosi sono stati trasferiti dal Pronto soccorso allo Spallanzani. I sintomi sono tosse, febbricola, dimagrimento. A quel punto si effettuano indagini sull'espettorato, il materiale secreto dalle vie respiratorie, gli operatori non sono per forza stati contagiati ma in quanto a contatto con i sospetti malati vengono sottoposti a screening».
Il Fatebenefratelli ha avviato a questo punto uno screening a tappeto su tutti gli operatori, non esclude altri casi. «Anche nel 2016 ci sono stati diversi pazienti malati di Tbc avanzata, chi è stato a contatto con la malattia viene sottoposto a un test con prelievo di sangue, lastre a torace e visita medica. Se necessario scatta la profilassi antibiotica». Dal primo caso, a primavera, emerso in Pronto soccorso, «c'era stato un paziente che non sapeva fosse malato, a seguire» sono emersi altri tutti riferibili alla stessa area di lavoro e per questo sottoposti a screening da sospetto contatto. Un lavoro accurato che a volte ha permesso di scoprire e curare in tempo, patologie ben più gravi, come un adenocarcinoma in fase precocissima, solo in un caso si è evidenziato il bacillo di Koch. Dario Manfellotto, primario di Medicina interna ricorda «abbiamo messo sotto sorveglianza tutti i nostri operatori, non solo quelli che sono stati a contatto con i malati, stanno tutti bene, l'allarmismo non serve, non c'è un'epidemia abbiamo solo analizzato il fenomeno una volta vista la recente positivizzazione. Ciò ha permesso di individuare casi sospetti prima che si conclamassero».

«PAURA INGIUSTIFICATA»
Altro punto importante da precisare: anche una malattia conclamata non è contagiosa se non butta fuori quel bacillo. «C'è una paura ingiustificata tra operatori e pazienti - chiude il dottor Giovanni Capoccetta, pneumologo - il rischio è quasi zero, il paziente che arriva in ospedale è inquadrato e protetto. Non escludo che altri casi ci saranno, ora che la macchina si è messa in moto, un screening su tutto il personale, dall'Ostetricia alla Tin all'Oncologia, per non trasmettere infezioni a pazienti fragili. Nei reparti a rischio, di frontiera e reparti fragili i malati saranno solo più al sicuro».