Il Papa risana il Fatebenefratelli con la sua Fondazione, il costo si aggira attorno ai 100 milioni di euro

Il Papa risana il Fatebenefratelli con la sua Fondazione, il costo si aggira attorno ai 100 milioni di euro
di Franca Giansoldati
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Giovedì 21 Ottobre 2021, 14:47 - Ultimo aggiornamento: 14 Dicembre, 19:24

Città del Vaticano – Il primo ospedale cattolico che naviga in pessime acque e che verrà salvato dalla neonata Fondazione per la Sanità Cattolica, voluta da Papa Francesco un paio di mesi fa per evitare che altre realtà sanitarie in difficoltà possano finire nelle mani dei privati e allontanarsi dallo spirito caritatevole dei fondatori, è il Fatebenefratelli sull'Isola Tiberina. Il salvataggio al quale stanno lavorando è quasi un test. Se funziona il modello verrà replicato. 

In questi giorni è uscita l'indiscrezione di MF che l'imprenditore veneto Leonardo Del Vecchio abbia deciso di donare, attraverso la sua fondazione, una cospicua cifra per arrivare a coprire i debiti e rilanciare l'ospedale romano, aiutando così Papa Francesco. Si parla di una cifra complessiva per il risanamento che si aggira attorno ai 100-110 milioni di euro che dovrebbero essere suddivisa tra la Fondazione di Del Vecchio (attorno al 20 %), l'APSA, l'amminstrazione del patrimonio della Sede Apostolica che ormai gestisce anche l'Obolo di San Pietro e i fondi riservati della Santa Sede e altre realtà non ben precisate. Nel tam tam interno al Vaticano si parla con insistenza di una quota legata a una fondazione vicina alla curia di Bologna, ma la voce non trova alcuna conferma ufficiale.

Il Vaticano davanti a queste indiscrezioni stamattina è stato costretto a diffondere un comunicato che, invece, di fare luce e offrire elementi di chiarezza su una vicenda delicata e importante, offre ben poca trasparenza. «Le competenti autorità ecclesiastiche con la collaborazione di altre istituzioni senza scopo di lucro, sono impegnate nel risolvere la crisi gestionale ed economica in cui da tempo versa l'ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli».

Naturalmente è impossibile chiedere chi siano «le altre istituzioni senza scopo di lucro» alle quale fa riferimento il comunicato d'Oltretevere. In Vaticano tutto  -quando ci sono di mezzo dei soldi - è come al solito avvolto dal mistero più fitto.

Nel comunicato viene espresso un “doveroso” ringraziamento al gruppo San Donato e alla famiglia Rotelli che erano già in trattative per l'acquisto del Fatebenefratelli assieme all'ex petroliere e uomo d'affari tunisino Kamel Ghribi. L'intervento concordato ha evitato un «ulteriore aggravamento della crisi in atto» per trovare una «soluzione definitiva» individuata nella cordata in cui figura anche il patron della Luxottica. 

Papa Francesco proprio per accelerare una soluzione il mese scorso ha istituito una Fondazione che ha affidato a monsignor Nunzio Galantino, già presidente dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Ne fanno parte anche Fabio Gasperini, segretario dell'Apsa, Mariella Enoc, Presidente dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu', il chirurgo della Cattolica che ha operato il Papa il 4 luglio, Sergio Alfieri ormai ascoltato consigliere del pontefice in materia sanitaria. Infine ne fanno parte anche Chiara Gibertoni, direttore generale del Policlinico Sant'Orsola di Bologna e Maximino Caballero Ledo, segretario generale della Segreteria per l'Economia (uomo fedelissimo al capo della Spe, il gesuita Guerero).

Il Fatebenefratelli non è l'unico ospedale che naviga in pessime acque. Ci sono anche l'Idi, un altra realtà d'eccellenza nel campo della dermatologia, il Bambin Gesù passato nell'arco di dieci anni da un tesoretto di 492 milioni (da bilancio) a difficoltà che affiorano ciclicamente. E ancora la Cattolica e diversi piccoli ospedali locali, come la Casa sollievo della Sofferenza fondata da Padre Pio o Cattolica Molise.

Papa Francesco durante il periodo post operatorio trascorso al Gemelli si era fatto interprete di una preoccupazione diffusa. E a proposito della sanità cattolica, durante un Angelus, ha strigliato manager, vescovi, religiosi ad amministrare bene le proprie strutture ospedaliere per non essere costretti poi a venderle (o svenderle) a privati facendo affiorare imbarazzanti casi che finiscono sempre sulla sua scrivania. 

Il Papa ha poi ammesso «che qualche istituzione sanitaria, per una non buona gestione, non va bene economicamente, e il primo pensiero che ci viene è venderla. Ma la vocazione, nella Chiesa, non è avere dei quattrini, è fare il servizio, e il servizio sempre è gratuito. Non dimenticatevi di questo: salvare le istituzioni gratuite».

Un concetto piuttosto chiaro ripetuto stamattina nel testo del comunicato riguardante il futuro del Fatebenefratelli. «Considerando l’alto valore spirituale e morale rappresentato dal nosocomio – nel senso di una testimonianza evangelica di attenzione e cura dei malati, con umanità e professionalità, svolta da oltre quattro secoli – è stato avviato un piano di risanamento che, nel rispetto delle normative vigenti e in dialogo con le parti a vario titolo coinvolte, permetta ad esso di continuare a svolgere il ruolo che l’ha finora caratterizzato nell’ambito della Sanità cattolica». 

Da tempo nella Chiesa a vari livelli è in corso una profonda riflessione sul rapporto tra medicina, territorio e paziente alla luce della rete delle strutture sanitarie cattoliche e dei cambiamenti sociali in atto: aumento di anziani, aumento di malattie croniche, aumento di patologie curabili da casa. Recentemente la Fondazione Centesimus Annus del Veneto ha formulato una serie di proposte. Il focus si concentra sul bisogno di valorizzare la medicina di prossimità, fatta di relazioni tra istituzioni pubbliche sanitarie e realtà private, per offrire misure preventive e cure primarie, orientando le persone verso i servizi territoriali e ospedalieri. Una sorta di dinamica virtuosa che necessita ovviamente di percorsi meno burocratici e più immediati. Con soluzioni anche innovative. «La lotta alla cronicità per esempio può comprendere programmi che contrastano l’inattività fisica quale fattore di rischio per la salute a livello globale (si passa da una buona pratica di settore a una buona pratica di sistema coinvolgendo amministrazioni locali, associazioni di volontariato, sfruttando tecnologie di comunicazione)». 

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