Ecco chi sono i quattro carabinieri che spacciavano la droga sequestrata

Ecco chi sono i quattro carabinieri che spacciavano la droga sequestrata
di Sara Menafra
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Martedì 16 Febbraio 2016, 13:28 - Ultimo aggiornamento: 15:46
Sequestravano droga e proventi dello spaccio. Ma poi al mal capitato rivenditore di sostanze stupefacenti proponevano di sedersi a tavola e discutere con calma: «Vuoi farti un anno o tre?». A chi accettava il patto toglievano i soldi e buona parte della droga sequestrata: «Andrà in beneficienza», era la spiegazione. 
Ieri, l’ordinanza di custodia cautelare del gip Valerio Savio ha portato all’arresto di nove persone tra le quali quattro militari dell’Arma in servizio presso il Nucleo investigativo di via In Selci accusati di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti e peculato. 

LA VICENDA
In totale sono circa una ventina gli episodi contestati ai sottufficiali Antonio De Cristofaro 45 anni, Massimiliano Marrone, 50, Bruno Sepe, 51, e Claudio Saltarelli, 53. Arrestati anche In qualche caso, chi aveva ricevuto una loro visita temeva ulteriori conseguenze: «Sono mesi che vivo nel terrore. Mio fratello è stato arrestato sotto casa, questi carabinieri gli hanno trovato 43mila euro e la droga», ha raccontato uno dei primi testimoni che hanno denunciato l’accaduto. Dopo l’accordo sulla ”beneficienza” i carabinieri avrebbero portato via 700 gr di cocaina, 2kg di hashish sostituendo il tutto con droga tagliata male. «Fabrizio mi ha detto che gli stessi Carabinieri sono andati a trovarlo in carcere con la scusa di fargli firmare un verbale e con fare intimidatorio gli hanno detto ”ci vediamo quando esci”». Il testimone dice di aver saputo che i carabinieri facevano anche «rapine col distintivo». Di certo, dopo aver ripulito gli arrestati della droga, avevano una rete di spacciatori ai quali far rivendere la «roba».

LE REAZIONI
Il procuratore aggiunto Michele Prestipino, che ha seguito personalmente le indagini, ha tenuto a ringraziare i carabinieri: «La Dda di Roma - ha detto - è ancora una volta grata all’Arma dei carabinieri per la professionalità e l’impegno con i quali ha condotto indagini delicate. La trasparenza degli investigatori è un presupposto indispensabile per l’efficacia delle azioni di contrasto alla criminalità organizzata». Amaro il commento del comandante provinciale Salvatore Luongo: «E’ una vicenda dolorosa ma dimostra che l’Arma ha gli anticorpi per individuare chi vìola la legge e il nostro codice deontologico. In un contesto di connivenza, sarebbe stato impossibile, invece, anche in questo caso il Nucleo investigativo dimostra di essere una struttura solida e professionale». 
 
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