Roma, autista dell'Atac licenziato: era in congedo ma guidava il bus in un'altra azienda

Roma, autista dell'Atac licenziato: era in congedo ma guidava il bus in un'altra azienda
di Michela Allegri
2 Minuti di Lettura
Martedì 27 Marzo 2018, 08:41 - Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 16:13
Prima di fronte ai datori di lavoro e poi di fronte ai giudici, si è giustificato dicendo di avere solo fatto una cortesia a un collega. Ma non è bastato. È stato licenziato in tronco, disposizione confermata dal Tribunale del lavoro e, ieri, anche dalla Cassazione. Sul banco degli imputati, un autista dell'Atac che, durante un giorno di assenza giustificata per congedo parentale, invece di rimanere a casa si era messo al voltante dell'autobus di una società «satellite», legata alla municipalizzata dei trasporti da un contratto di subappalto. Ha detto di non essere nemmeno stato retribuito per quella prestazione: ha sempre raccontato di avere sostituito un collega che si era dovuto assentare. L'azienda e i giudici non gli hanno creduto: l'autista avrebbe infranto il rapporto di fiducia tra dipendente e datore di lavoro. Respingendo il ricorso dell'imputato, la Cassazione ha infatti sottolineato che il contratto degli autoferrotranvieri prevede, tra le cause di destituzione, anche l'utilizzo di «artifici» per ottenere benefici non dovuti. Per i magistrati, rientra in questo scenario anche il servirsi di un «finto congedo parentale» per «procurarsi indebiti vantaggi», cioè «l'ulteriore prestazione di lavoro, anche se a titolo di cortesia amicale», si legge nella sentenza.

IL NODO
Il nodo della questione, per i supremi giudici, sta nel fatto che «l'attività di guida, già costituente il contenuto pieno della prestazione alle dipendenze di Atac, se svolta in favore di altro vettore, peraltro legato ad Atac da un rapporto di appalto, e durante una giornata di congedo parentale, evidentemente finalizzata per volontà legislativa allo svolgimento di attività familiari a rilievo costituzionale, risulta coerentemente valutata dalla Corte territoriale secondo i parametri dell'obbligo di fedeltà e del principio di correttezza e buona fede». Un principio che, per i magistrati, sarebbe stato tradito dal dipendente. Proprio per questo motivo, la Cassazione ha deciso di confermare in pieno quanto stabilito dalla Corte d'appello di Roma nel 2014.

IL FAVORE
I fatti risalgono al 30 aprile del 2008, ma la sentenza definitiva è arrivata solamente ieri. Angelo C., in servizio come autista nella municipalizzata capitolina, durante un giorno di congedo parentale, invece di rimanere a casa aveva deciso di mettersi alla guida di un autobus della società Co.Ra., incaricata da Trambus - poi incorporata in Atac - di gestire il servizio su alcune linee. L'autista avrebbe ripetuto il favore al collega anche una seconda volta: il 28 maggio dello stesso anno. Non avrebbe mai informato i superiori e non avrebbe chiesto nessuna autorizzazione. «Una cortesia fatta a un collega», ha raccontato lui. Un gesto di amicizia che gli è costato il posto di lavoro: il licenziamento era scattato già dopo la sentenza di primo grado.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA