Abusi sull'Appia Antica, l'inchiesta si allarga: «Nel mirino anche chi autorizzò quei cantieri»

Abusi sull'Appia Antica, l'inchiesta si allarga: «Nel mirino anche chi autorizzò quei cantieri»
di Sara Menafra
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Lunedì 25 Novembre 2013, 08:13 - Ultimo aggiornamento: 26 Novembre, 08:46
I sequestri del costruendo parco di Tormarancia, ricavato da 26 ettari nella zona dell’Appia Antica, riprendono questa mattina. Ma l’inchiesta in corso rischia di creare un nuovo conflitto tra la procura di Roma e l’amministrazione locale, Comune e Regione.

L’indagine coordinata dal pm Antonino Di Maio e dall’aggiunto Roberto Cucchiari, infatti, parte dall’assunto che i lavori nel parco dell’Appia Antica interrotti sabato dai sigilli voluti dai magistrati romani fossero tutti autorizzati dalla Regione e dal Comune, sulla base di un accordo che doveva puntare alla realizzazione di un parco proprio nella zona accanto al quartiere di Tormarancia. «Gli imprenditori che hanno realizzato i lavori erano formalmente in regola», spiega un investigatore lasciando intendere che ora si indagherà sul ruolo che hanno avuto gli amministratori e i funzionari che sia in Regione sia in Comune hanno autorizzato la cordata di 30 imprese tra le quali Ciribelli, Marronaro, Mezzaroma e Parnasi ad avviare i lavori di sistemazione del parco, pur sapendo che la zona dell’Appia Antica non può subire alcun tipo di intervento edilizio. Ai nomi dei cinque indagati accusati di lottizzazione abusiva (il presidente del Consorzio Tormarancia Carlo Odorisio, il progettista Marco Strickner, il direttore dei lavori Paolo Spadacenta, l’esecutore materiale dei lavori Luca Petrucci e il responsabile unico del procedimento Patrizia Paoletti) potrebbero aggiungersi quelli degli amministratori che dissero sì al progetto.

LA DIFESA



Anche se le accuse riguarderebbero i predecessori, l’attuale amministrazione respinge le accuse. Spiegando che l’idea di realizzare in quell’area un parco di 26 ettari, con l’obiettivo di renderlo la più grande area a verde pubblico della città, superiore anche a Villa Pamphili, è frutto di una battaglia di anni, partita contro un vecchio progetto che prevedeva la costruzione di edilizia residenziale proprio in quella zona per 2 milioni di metri cubi. Il progetto saltò, al suo posto le imprese ottennero permessi per l’edificazione di 4,2 milioni di metri cubi in altre zone della città, impegnandosi a riqualificare l’area rendendola un parco pubblico: «Se il problema è che i lavori fatti finora son sbagliati da qualche punto di vista - dice il presidente dell’VIII Municipio, Andrea Catarci - è giusto intervenire e modificare l’intervento. Non vorrei però che l’azione della magistratura partisse dall’assunto che la zona non può essere trasformata in verde pubblico visto che ci sono dei vincoli ambientali. Il parco deve nascere e puntiamo a renderlo fruibile ai cittadini, altrimenti il paradosso sarà che andranno avanti solo le costruzioni residenziali, senza nessuna concessione di verde pubblico per i residenti». Anche l’assessore comunale all’Ambiente Giovanni Caudo si dice preoccupato: «A quel che ne sappiamo, nel provvedimento di sequestro i magistrati sostengono che il parco in costruzione non ha interesse pubblico e quindi non si può fare - spiega - io credo che si sia fatta confusione e in ogni caso, anche se la magistratura dovesse stabilire che in quella zona non possano essere realizzate le giostre per i bambini o i muretti, quel che per noi conta è che in quell’area ci sia un parco».

Sara Menafra
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