Luca Bergamo: «Da Marra danno di credibilità. Paghiamo le tensioni nel M5S»

Luca Bergamo: «Da Marra danno di credibilità. Paghiamo le tensioni nel M5S»
di Ernesto Menicucci
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Giovedì 29 Dicembre 2016, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 08:40

Piazza Campitelli, le nove del mattino. La porta dell'assessorato alla Cultura è rotta, gli uffici quasi deserti. Sopra, al secondo piano, c'è Luca Bergamo, neo vice-sindaco (nonché assessore alla crescita culturale, appunto) della giunta Raggi, che riordina le carte per poi andare alla riunione in Questura. Tema: la notte di San Silvestro, al centro del dibattito di questi giorni, come questo Natale in tono minore che ha vissuto la Capitale.

È la prima volta che a Roma non ci sarà il concertone...
«Mah, questa è una parte del discorso. Ma secondo me stiamo perdendo di vista gli aspetti generali. Il nostro è un progetto innovativo, e questa è stata una scelta precisa dell'amministrazione: l'idea di far rimettere al centro della città la vita sul Tevere, gli spettacoli sui Ponti, l'evento per nottambuli. Non nego certo che non ci sia il concerto al Circo Massimo, ma ormai è diventato un caso nazionale che a Roma non suoni Marco Mengoni o Max Gazzé Ma di che parliamo? La città comunque avrà 24 ore di festa: prima erano quattro».

Ci tolga una curiosità: l'albero di Natale a piazza Venezia le piaceva?
«No, era brutto. Perché? Boh, è venuto male».

Glielo chiediamo perché alla fine l'albero e il Capodanno sono diventati anche il simbolo di una Roma più spenta e delle difficoltà che sta incontrando la giunta. Che voto darebbe ai vostri sei mesi di governo?
«Voti non ne do, diciamo che abbiamo fatto un enorme lavoro e che ne serve ancora altrettanto».

Il suo collega Massimo Colomban, al Messaggero, ha detto che vi serviranno anni per sistemare Roma. Quanti anni?
«Per quanto riguarda me e il mio assessorato, un paio credo. La città è stata mal gestita e non governata per troppo tempo, con effetto disastroso sui conti pubblici».

E da quando è iniziato questo declino?
«La giunta Alemanno ha dato il colpo di grazia con la gestione privatistica delle aziende partecipate e del Comune».

Non che assunzioni clientelari non ci fossero state con le giunte di centrosinistra, delle quali lei ha fatto in qualche modo parte...
«Dal 93 al 97 (prima giunta Rutelli, ndr) c'è stato un periodo di innovazione della città: venivamo da Tangentopoli, la presa dei partiti organizzati si era allentata, tanto che quelle giunte avevano un carattere civico. Poi quella spinta, che andava declinata negli anni 2000, si è persa e dal 2004 (seconda giunta Veltroni, ndr) in poi ha prevalso un certo gigantismo».

E ora con M5S?
«Il Movimento ha avuto il merito di sciogliere il nodo di una forma di partecipazione alla vita politica come soggetti singoli e non appartenenti a una categoria. Fatte le debite differenze, le giunte di Roma e Torino somigliano più a quelle dell'inizio anni 90».

Si è iscritto a Cinque Stelle?
«No. Sono un uomo di sinistra, non comunista, che si ispira a quella linea di pensiero che riporta a Giustizia e libertà e al Partito d'azione».

E perché ha accettato la proposta di M5S?
«Mi hanno chiamato tra il primo e il secondo turno. Fare l'assessore alla Cultura a Roma è il mestiere più bello del mondo: era un'offerta non rifiutabile».

Sa che dei quattro che la Raggi annunciò ad Ostia lei, Berdini, Muraro e Lo Cicero è l'unico che, politicamente, gode di buona salute?
«Sì, l'ho letto sul vostro giornale. Vabbè siamo ancora in due, io e Berdini».

Casaleggio voleva Colomban vicesindaco, la Raggi spingeva per Mazzillo. Lei è una soluzione di compromesso tra le correnti Cinque Stelle?
«Compromesso non mi piace. Diciamo che sono una figura di equilibrio».

Ma perché in questi sei mesi siete, o date l'idea, di esservi impantanati dietro a logiche di potere o di poltrone?
«Ma guardi che in giunta, o in consiglio, non si parla mica di questo ma delle cose da fare. È chiaro che c'è una forte aspettativa esterna perché alcuni problemi vengano risolti, ma è meglio evitare castronerie pur di dire che si sta facendo qualcosa. Poi è anche evidente che dire alcuni no, come quello sulle Olimpiadi, ha toccato alcuni interessi».

La teoria del complotto? Eppure, rispetto alle nomine, le polemiche sono nate all'interno del M5S...
«È chiaro che paghiamo anche queste tensioni, oltre agli errori di valutazione su Marra. Un danno di credibilità c'è stato».

Ora tutti dite che avete sbagliato su Marra: non potevate farlo prima?
«Veramente qualcuno lo aveva detto Non abbiamo ben considerato la sua storia personale e abbiamo fatto un grave errore di valutazione».

Avete sbagliato anche sulla Muraro?
«È presto per dirlo. Per ora abbiamo preso atto che non c'erano più le condizioni per proseguire».

Colomban parla di un codice etico: serve?
«In una società in cui è sempre più difficile parlare di etica, rendere esplicito il codice a cui si riferisce un movimento che si assume responsabilità di governo è sempre positivo».

Se Raggi venisse indagata si dovrebbe dimettere?
«Ragionare per ipotesi non serve a nulla e non lo trovo utile».

La sindaca, la notte della vigilia di Natale, ha pianto. Un segno di debolezza?
«Potrei citare tanti personaggi importanti, da Berlinguer in giù, che in alcuni momenti si sono commossi. Non è mai un segno di debolezza se si ha la forza di piangere in pubblico».

Sarà. Eppure proprio la Raggi ha parlato di momento difficile. Dal punto di vista emotivo come la vede?
«Virginia è il nostro capo, eletta da centinaia di migliaia di romani. È una persona di una forza morale e psicologica enorme. Ci sono stati sei mesi di attacchi personali anche duri, che ci sia un momento di emozione mi sembra il minimo sindacale».

Molte critiche le sono piovute addosso dai vertici di M5S. C'è un messaggio che vorrebbe lanciare a Grillo e gli altri?
«Messaggi non ne mando a nessuno. Lavoriamo con serenità e tutto ciò che ci fa stare sereni ci aiuta. Capisco che il dibattito si concentri sui fattori polemici, ma evitiamo le distorsioni e stiamo sul merito delle cose».

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