In cottura dal giorno dell’assoluzione di Virginia Raggi, il rimpasto in Campidoglio è stato sfornato in nottata: il vicesindaco Luca Bergamo e l’assessore allo Sviluppo Carlo Cafarotti, sulla graticola dei retroscena da un mese, sono fuori dalla giunta. Ecco le new entry: la pesante delega alla Cultura, come anticipato dal Messaggero, andrà a Lorenza Fruci, giovane saggista e autrice di documentari (anche di un libro sul burlesque), reclutata in Campidoglio nel 2019 con i galloni di delegata alle politiche di genere.
Al Commercio è stato promosso invece Andrea Coia, grillino della prima ora, presidente della Commissione delle attività produttive. Il nuovo vicesindaco sarà Pietro Calabrese, che terrà la delega ai Trasporti. Ultima nomina: il direttore generale del Campidoglio sarà Gabriella Acerbi. Veterana di Palazzo Senatorio (è stata assunta nel 1983), prenderà il posto di Franco Giampaoletti, da poco designato diggì dell’Atac.
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Raggi, determinata a puntellare la squadra un’ultima volta prima delle elezioni, ha riunito la giunta nel pomeriggio, dopodiché ha fatto capire il game over ai due assessori uscenti, provando a convincerli alle dimissioni.
La sindaca ha ringraziato entrambi. E sull’ex vice ha aggiunto: «Ci sono diversità di visioni politiche». Resta in sella Veronica Mammì, assessora al Sociale e alla Scuola. È stata a lungo in bilico, soprattutto perché invisa ai sindacati. Ma Raggi non l’ha rimossa. Forse anche per assicurarsi la tenuta del gruppo M5S in Assemblea capitolina: il marito di Mammì è Enrico Stefàno, capofila dei 5 consiglieri grillini “ribelli”, convinti che il Movimento debba allearsi col Pd, trovando un candidato civico.
La conferma di Mammì non servirà probabilmente a ricucire, ma potrebbe rinsaldare la maggioranza in Aula: senza quei 5 voti, su ogni delibera la giunta sarebbe andata sotto. Già oggi in Consiglio comunale la pattuglia stellata va spesso in ordine sparso. E i numeri traballano. Ieri invece ha avuto qualche grattacapo l’opposizione: un consigliere del Pd ha avuto problemi a collegarsi alla seduta online e ha chiesto di votare a consultazione finita.
Com’era accaduto in Senato a Lello Ciampolillo per la fiducia a Conte. Un precedente che un “onorevole” capitolino ieri ha rievocato, strillando al microfono: «Ciampolillo favorevole!».
In vista delle comunali (e in assenza di candidati di peso), il Pd intanto prova a rilanciare le primarie: il Nazareno sta preparando una piattaforma per far votare gli iscritti su internet, senza gazebo e assembramenti. Il portale non è ancora pronto - sarà lanciato a febbraio - ma Carlo Calenda già fa sapere di non gradirlo: «Mancava Rousseau», ha commentato.
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