Campidoglio, così Luca creò l'impero "bergamasco"

Campidoglio, così Luca creò l'impero "bergamasco"
di Simone Canettieri
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Martedì 7 Marzo 2017, 07:41
Silenzioso, ma plasticamente potente. E soprattutto in continua ascesa: a dicembre i galloni di vicesindaco tolti a Daniele Frongia, le nomine amiche nei cda (Biblioteche e teatri di Roma), il tour in diretta Facebook con Beppe Grillo (e Raggi) al Valle, la dichiarazione congiunta con Mauro Baldissoni sullo stadio della Roma (accordo poi bloccato per l'irritazione dei grillini) e adesso il nuovo assessore all'Urbanistica, che era il suo capo segreteria nonché antico compagno. Niente male, no? Sono un po' di tasselli dell'«egemonia culturale», si sarebbe detto una volta, di Luca Bergamo sul Campidoglio a Cinque Stelle.

GLI EQUILIBRI
Una serie di mosse che negli ultimi mesi lo hanno piazzato nel nuovo Raggio magico forte di due fattori: l'ex veltronian-rutelliano è uno dei pochi che, per via dei trascorsi amministrativi nelle giunte di centrosinistra, sa come funziona la macchina. Delibere e bandi, bilanci e dirigenti: le leve da muovere, insomma.
E proprio in virtù di questo può vantare, a differenza della gran parte dei suoi colleghi, «un'agenda - racconta chi lo conosce bene - con numeri di persone che fanno cose». Per un M5S che ha trovato finora dei grandi problemi nel reclutamento della classe dirigente non è un aspetto da poco.

LA PRESA DELLA BASTIGLIA
In Campidoglio, tra irritazione e scherzosa constatazione, lo chiamano l' «impero bergamasco» per indicare fatti e bandierine che il vicesindaco sta piazzando nel risiko grillino. Di cui ormai il padre di Enzimi si fa interprete e sacerdote con enfasi storica: «Il Movimento - ha detto a Il Fatto dopo l'intesa chiusa su Tor di Valle - è come il Terzo Stato che ha preso la Bastiglia: un pezzo di società che dimostra di saper governare».
Con Bergamo c'è il ribaltamento di una teoria pentastellata: il tecnico si è dimostrato un turbo-politico. Che decide. E dà indirizzi ma stando molto attento a non entrare mai in collisione con Milano e Genova, Casaleggio e Grillo. Piccolo aneddoto.
Lo scorso ottobre a Cracovia, per il viaggio della Memoria, pensando alle imminenti elezioni americane si fece scappare un mezzo commento negativo sulla possibile vittoria di Trump tipo «sarebbe un disastro». Nessun cronista lo riprese con la promessa di Bergamo che a elezione avvenuta avrebbe commentato la vittoria di Cliton o Trump. Cosa che alla fine non avvenne. Per non andare contro il mood dei vertici grillini. Passo felpato e scaltrezza. Con finezze da politico navigato. Tipo quella di ieri pomeriggio: alla presentazione di Luca Montuori nella sala della Protomoteca c'era praticamente tutto l'esecutivo della giunta Raggi a salutare il neo assessore all'urbanistica. Eccetto Bergamo, ça va sans dire.