Michelle Causo, la difesa del killer: «Lei aveva la pistola». Ma il giudice non gli crede

Delitto di Primavalle, la versione del 17enne. La tesi della legittima difesa però non regge

Michelle Causo, la difesa del killer: «Lei aveva la pistola». Ma il giudice non gli crede
di Valeria Di Corrado e Camilla Mozzetti
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Martedì 25 Luglio 2023, 00:30

Almeno 36 coltellate: troppe per credere alla tesi che volesse “disarmare” una ragazzina che gli puntava una scacciacani. Proprio per questo nell’ordinanza di custodia cautelare a carico del 17enne accusato dell’omicidio di Michelle Causo, il gip ha ritenuto il suo racconto «inverosimile» e ha escluso la legittima difesa, pure nell’ipotesi «dell’eccesso colposo». Anche perché, come ha ammesso l’aspirante trapper, tra i due coetanei c’erano rapporti «amichevoli e mai litigiosi». Per il giudice, inoltre, è da escludere che la ragazza «potesse incutere timore». Eppure lui, nel racconto fornito al commissariato Primavalle, alla Squadra Mobile e nell’interrogatorio di garanzia ha ripetuto la stessa versione.

La dinamica

«Quando è arrivata era molto seria - ha raccontato - di solito ci salutavamo con un bacio sulla guancia, ma quella mattina non me l’ha dato».

I due iniziano a parlare, il 17enne - come ha ammesso - aveva già «fumato una canna». Doveva dei soldi a Michelle: 35 euro «per della droga, ma io - ha precisato - la prendevo anche da un altro e la pagavo con i soldi di mia madre», o con quello che riusciva a guadagnare lavorando saltuariamente in un minimarket. «Non avevo il coraggio di guardarla in faccia quando le ho chiesto se mi poteva abbonare 20 euro per andare a cena con la mia ex». Poi ha riferito che Michelle gli avrebbe puntato in faccia la scacciacani. «Era seduta sul divano», il 17enne di fronte a lei, appoggiato al piano cottura della cucina. «Quando ho visto la pistola ho preso il coltello (che verrà poi trovato dietro un armadio, ndr) dal contenitore delle posate e l’ho colpita, l’ho fatto in una frazione di secondo». Dice di non ricordare quante pugnalate ha inferto, ma stando all’autopsia non sono state meno di 36. E, considerato come è stato trovato il cellulare della ragazza, intriso di sangue, è più probabile che Michelle tenesse in mano quello e non la scacciacani. «È caduta subito, ha iniziato ad avere le convulsioni - ha aggiunto l’indagato - non cercava di scappare ma solo di ripararsi dalle coltellate». Arrivate a incidere collo, addome, volto, braccia e schiena. Poi il ragazzo medita come disfarsi del cadere: «Ho pensato di chiamare l’ambulanza, ma ho rinunciato perché sarebbe arrivatala polizia e sarei finito in galera. Allora mi sono seduto sul divano pensando a cosa fare».

 

Il sacco nero

Passano tra i 5 e i 10 minuti, il 17enne esce, acquista il sacco dove poi chiuderà la ragazza, cerca un carrello e trova in strada quello del “Pim” che verrà portato sotto al portone. Un suo vicino brasiliano lo vedrà rincasando quando ancora il corpo di Michelle è nell’appartamento. «L’ho trasportata per le scale, l’ho presa in braccio, c’era il sangue che gocciolava». Prima di arrivare a disfarsi del cadavere, abbandonandolo vicino a dei cassonetti, sarà sorpreso da alcuni residenti. Quello che chiamerà poi il 112 è l’uomo che aveva visto il carrello vuoto e che lo rivedrà con quel sacco da cui usciva sangue. Il ragazzo dice che si tratta di pesce, ma il vicino non gli crede e dà l’allarme. Quando la polizia arriva in via Dusmet il corpo di Michelle è stato già abbandonato in via Stefano Borgia. Il 17enne, che viene trovato con la mano destra fasciata, è tornato a casa, si è cambiato i vestiti e ha iniziato a pulire il sangue. Gli agenti citofonano, lui non apre subito poi crolla: «Ho confessato quando mi hanno detto che sarebbe arrivata la scientifica». In casa verrà trovata una mannaia che dirà di aver usato per togliere dei chiodi arrugginiti da una porta. Inizialmente riferisce di aver fatto a pezzi un suino per il sanguinaccio e che aveva buttato la carcassa in via Mattia Battistini. Dura poco: Michelle viene trovata. «Non era mia intenzione, volevo farmi due canne e parlare con lei». Invece l’ha colpita con ferocia e brutalità. «Ucciderla non mi è servito a nulla», ha ammesso.

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