Rieti, quell’albero di Natale che torna ogni anno sulla Farense per ricordare

L'albero di Natale
di Raffaella Di Claudio
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Martedì 21 Dicembre 2021, 00:10

RIETI - Enito, l’albero di Natale, dal 2012, anno in cui il suo papà Enrico è stato travolto e ucciso da un’auto, lo fa lì, lungo la strada provinciale Farense, tra Passo Corese e Talocci, dove lo ha visto per l’ultima volta, coperto da un lenzuolo bianco. Enrico Galante, pastore di 61 anni di Fara Sabina, è morto sulla provinciale. Mentre era con il suo gregge, è stato investito da un’auto. Subito dopo l’incidente è stato avviato un percorso giudiziario non ancora concluso, ma di quello Enito non ha mai voluto parlare e non lo fa neanche ora. Ciò che, invece, ha iniziato a fare da subito è celebrare la memoria sul papà, cercando anche di non far mai spegnere l’attenzione sulla necessità di sicurezza stradale e di assumere comportamenti responsabili alla guida, in nome di Enrico e delle tante persone che ogni anno perdono la vita sulla strada. «Papà - racconta Enito - è venuto a mancare il 17 ottobre 2012 e io da quel momento, ogni anno, realizzo lì, sulla via Farense, un albero di Natale. Anzitutto, lo faccio per ricordare e celebrare il meraviglioso rapporto che avevo con lui, una persona speciale per me. Poi, per sensibilizzare tutti coloro che passano lì affinché non possano più accadere incidenti come quello che mi ha portato via papà. La strada provinciale Farense viene costantemente percorsa a grande velocità e il mio obiettivo è sensibilizzare gli automobilisti a usare prudenza e massima attenzione alla guida. Quell’albero che ogni anno addobbo diversamente diventa un modo per lanciare un monito, ricordando che lì ha perso la vita un uomo».
Quell’albero, che si illumina sul luogo di una tragedia diventa un doppio messaggio: da un lato, induce i passanti a prestare attenzione e a rispettare le norme del codice della strada e, dall’altro, assume un significato più intimo, trasformandosi in un consiglio, lanciato da figlio e padre quale oggi è Enito. «Ai ragazzi - confessa - dico di pronunciare quel ti voglio bene che spesso si fa fatica a dire e abbracciare i propri genitori, senza aspettare. Vorrei invitarli a godersi e a esprimere affetto ai propri cari quando sono in vita perché poi può capitare di arrivare a Natale e vedere una sedia vuota: che fa più rumore di ogni altra cosa».

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