Pandemia, sanità e Natale: il vescovo Pompili fa il punto

Pandemia, sanità e Natale: il vescovo Pompili fa il punto
di Antonio Bianco
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Sabato 28 Novembre 2020, 22:04 - Ultimo aggiornamento: 29 Novembre, 00:10

RIETI - Per il vescovo Domenico Pompili è un periodo di impegni: le festività si avvicinano e la chiesa reatina è al lavoro per preparare quello che sarà il primo Natale al tempo del covid. Un 25 dicembre sospeso tra mille difficoltà e la speranza di uscire il prima possibile dal tunnel della pandemia. 

Vescovo, la situazione contagi preoccupa un po’, l’ospedale è in difficoltà, si pensa di trasferire alcune attività in altre città. Qual è la sua opinione in merito? 
«Il numero dei contagi non sembra diminuire, in effetti.

Quanto alla situazione dell’ospedale vorrei dire grazie a quanti ci lavorano, ai diversi livelli. Sono loro i primi che vivono una condizione di sovraccarico e di sovraesposizione al virus. Quanto al trasferimento di alcune attività, credo di aver letto che anche a Roma si sia fermata… la cardiologia del San Camillo. Se, dunque, si tratta di uno stop provvisorio potrebbe non esserci preoccupazione. Passata l’emergenza, tuttavia, sono più interessato a capire due questioni rilevanti per la salute sul nostro territorio: la ricostruzione dell’ospedale di Amatrice, di cui è stata posta la prima pietra. Per ora. E il nuovo ospedale di Rieti. Su questi due progetti occorre tenere gli occhi tutti ben aperti perché le cose si facciano e in tempi non biblici». 

A pagare il prezzo sono soprattutto i soggetti più fragili, come gli anziani. Ogni giorno purtroppo bisogna fare la conta. 
«La conta dei morti è diventata un appuntamento tragico. Che si vorrebbe evitare. Mentre è un monito a vivere le limitazioni con un di più di consapevolezza e di responsabilità. Peraltro non solo gli anziani, ma anche i giovani patiscono la situazione, basti pensare alle difficoltà della scuola. Purtroppo, a questo si aggiunge anche la condizione di vivere in solitudine una sofferenza che isola e separa». 

Tra meno di mese è Natale, come si prepara la chiesa reatina? 
«Speriamo che sia il primo e l’ultimo Natale di questo genere. Ogni parrocchia e gruppo ecclesiale, comunque, si sta preparando ad accompagnare piccoli e grandi con tante iniziative in rete o in presenza. Anche quest’anno poi ci sarà La Valle del Primo Presepe a Greccio come a Rieti. Sotto gli archi del palazzo papale è quasi pronto il terzo presepe artistico del Maestro Artese che dopo Greccio e Poggio Bustone, mette in scena quest’anno Fonte colombo e La Foresta. Segnalo poi tra le novità il definitivo recupero dell’area sottostante il palazzo papale che è diventata un orto botanico medievale dove è possibile ammirare – grazie all’intraprendenza dei giovani di Hortussimplicium – decine di piante erbacee, scelte in base alle loro proprietà e ai loro significati simbolici e religiosi». 

Che ne pensa dell’ipotesi di anticipare la messa della vigilia di qualche ora? 
«E’ un falso problema. Quando si tratta di mettere la gente in condizione di evitare un contagio che provoca ancora centinaia e centinaia di vittime, ogni ipotesi può avere un senso, anche se interrompe una tradizione. Peraltro, a ben guardare, la tradizione mostra al suo interno una grande varietà. La stessa liturgia natalizia suggerisce la possibilità della messa della vigilia, della notte, dell’aurora e del giorno. Si vedrà che cosa accade tra qualche settimana, ma niente potrà impedirci di celebrare il compleanno di Gesù Cristo, senza correre o far correre inutili rischi e nutrendo al contempo una speranza che non si lascia certo intimidire da alcune restrizioni provvisorie». 

La crisi economica ha fatto aumentare in città il numero delle famiglie in difficoltà. Quali sono le misure messe in campo dalla curia? 
«La Caritas ha aumentato in questi ultimi dieci mesi almeno del 50% i suoi interventi. Più di 500 pacchi-viveri e beni di prima necessità sono stati distribuiti. Tra le attenzioni messe in campo c’è stato anche l’aiuto ai migranti che hanno una condizione doppiamente precaria. Più di un centinaio sono state le famiglie aiutate con il Fondo di Santa Barbara che è stato un modo per sollevare quanti erano sul lastrico con un contributo a fondo perduto. Ricordo che la Fondazione Varrone ha condiviso in parte l’onere di questo intervento. Ora – sempre d’intesa con la stessa Fondazione – partirà a breve il Fondo di Sant’Antonio che è invece un microcredito pensato per le piccole e medie attività economiche che da gennaio dovranno affrontare la salita impervia della ripresa». 

Ultimamente c’è stato il dibattito su Economy of Francesco. 
«Quando ad aprile scorso a New York si sono scavate le fosse comuni vicino al Bronx, ci si è resi conto che lo scintillante modello capitalistico può andare in tilt da un momento all’altro. Basta un piccolissimo virus. Non si può dare più nulla per scontato. Un’altra economia è possibile e perfino necessaria, a condizione che essa venga ricondotta alla sua funzione che non è solo quella di produrre ricchezza, ma di saperla ridistribuire in modo equo».

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