Il Papa a Ground Zero: la vita trionfi sui profeti di distruzione

Il Papa a Ground Zero: la vita trionfi sui profeti di distruzione
di Franca Giansoldati
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Venerdì 25 Settembre 2015, 18:36 - Ultimo aggiornamento: 18:37
Un cero acceso, simbolo di vita eterna, un fiore bianco sul marmo nero, come una carezza per coloro che l’11 settembre morirono con il crollo delle due torri. Ground Zero è impressionante. Per Papa Francesco è una tappa obbligata. «Qui in mezzo al dolore lacerante, possiamo toccare con mano la capacità di bontà eroica di cui è anche capace l’essere umano, la forza nascosta a cui sempre dobbiamo fare appello. Nel momento di maggior dolore, sofferenza, voi siete stati testimoni dei più grandi atti di dedizione e di aiuto. Mani tese, vite offerte. In una metropoli che può sembrare impersonale, anonima, di grandi solitudini, siete stati capaci di mostrare la potente solidarietà dell’aiuto reciproco, dell’amore e del sacrificio personale».



C’è ancora tanto dolore nel ricordo degli americani, una ferita che nella memoria collettiva fatica a rimarginarsi. C’è bisogno di speranza, di amore. Francesco arriva al memoriale subito dopo l’Onu. Incontra un gruppo di famigliari di vittime e prende parte ad una preghiera con altri leader religiosi. Ebrei, buddisti, islamici, protestanti, scintoisti, induisti. «Dio della pace, porta la pace nel nostro mondo violento, pace nei cuori degli uomini e delle donne, pace fra le nazioni della Terra. Conduci verso la tua strada dell’amore coloro che hanno cuori e menti consumate dall’odio, e che giustificano le uccisioni nel nome della religione».



Francesco sembra essere impressionato dal luogo. La sala delle fondamenta, il marmo nero, i nomi scolpiti di ognuna delle vittime, la cascata che sta a simboleggiare la vita che scorre. «Diversi sentimenti, emozioni provoca in me il trovarmi qui a Ground Zero, dove migliaia di vite sono state strappate in un atto insensato di distruzione. Qui il dolore è palpabile. L’acqua che vediamo scorrere verso questo centro vuoto, ci ricorda tutte quelle vite che stavano sotto il potere di quelli che credono che la distruzione sia l’unico modo di risolvere i conflitti. E’ il grido silenzioso di quanti hanno sofferto nella loro carne la logica della violenza, dell’odio, della vendetta. Una logica che può produrre solo dolore, sofferenza, distruzione, lacrime. L’acqua che scorre giù è simbolo anche delle nostre lacrime. Lacrime per le distruzioni di ieri, che si uniscono a quelle per tante distruzioni di oggi. Questo è un luogo in cui piangiamo, piangiamo il dolore provocato dal sentire l’impotenza di fronte all’ingiustizia, di fronte al fratricidio, di fronte all’incapacità di risolvere le nostre differenze dialogando. In questo luogo piangiamo per la perdita ingiusta e gratuita di innocenti, per non poter trovare soluzioni per il bene comune. E’ acqua che ci ricorda il pianto di ieri e il pianto di oggi».



Le sue parole vanno poi al futuro: «Per questo scopo abbiamo bisogno di bandire i nostri sentimenti di odio, di vendetta, di rancore. E sappiamo che ciò è possibile soltanto come un dono del cielo. Qui, in questo luogo della memoria, ciascuno nella sua maniera, ma insieme. Vi propongo di fare un momento di silenzio e preghiera. Chiediamo al cielo il dono di impegnarci per la causa della pace. Pace nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nelle nostre scuole, nelle nostre comunità. Pace in quei luoghi dove la guerra sembra non avere fine. Pace sui quei volti che non hanno conosciuto altro che dolore. Pace in questo vasto mondo che Dio ci ha dato come casa di tutti e per tutti. Soltanto, pace. Così la vita dei nostri cari non sarà una vita che finirà nell’oblio, ma sarà presente ogni volta che lottiamo per essere profeti di ricostruzione, profeti di riconciliazione, profeti di pace».
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