Il padre superiore, l'americano padre Micael Perry – d'accordo con il Vaticano – vorrebbe andare a fondo e capire meglio che fine ha fatto il tesoretto destinato alle missioni. Venti milioni di euro introvabili. padre Perry ha la convinzione di poter offrire alla magistratura nuovi elementi probatori per riaprire le indagini, approfondendo altre piste che prima si erano tralasciate e che magari potrebbero far tornare nelle loro tasche quella montagna di denaro. Soldi, soldi, soldi. Praticamente un tentativo disperato per non perdere quei denari rastrellati dai tre economi francescani in diversi conventi e che erano destinati a finanziare le opere delle missioni nel mondo. L'inchiesta di fatto si era conclusa con la morte del faccendiere che era riuscito a convincere gli economi della Congregazione a investire fiumi di denaro ipotizzando interessi del 13,5 in investimenti di dubbia natura. Dal turismo in Africa, allo sfruttamento di miniere, al traffico di armi. Quando il faccendiere comprese che il castello che aveva costruito stava crollando, si è suicidato nella sua villa in provincia di Como, al confine con la Svizzera, senza lasciare indizi sul tesoretto dei frati.
In questa storia il vero mistero è rappresentato dai 20 milioni di euro, visto che non sono stati ritrovati in nessuna delle sedi operative in cui lavorava il broker suicida. Non c'era nulla nella banca svizzera che utilizzava l'uomo d'affari, così come nei suoi uffici a Lugano e nelle sue abitazioni. Poco prima che il dissesto venisse a galla e scoppiasse il bubbone, il generale dei francescani, lo spagnolo Rodriguerz Carballo fu spostato e promosso in Vaticano e al suo posto fu scelto il suo vice, l'americano Perry. Entrambi hanno sempre ripetuto che di queste operazioni il vertice dell'ordine non ne era corrente, che si fidavano degli economi della congregazione.
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