Staffetta per Palazzo Chigi: ipotesi Giorgetti premier La squadra

Staffetta per Palazzo Chigi: ipotesi Giorgetti premier La squadra
di Mario Ajello e Stefania Piras
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Giovedì 10 Maggio 2018, 07:49 - Ultimo aggiornamento: 11:52

Il rebus Palazzo Chigi, dopo che s'è sciolto il rebus Berlusconi, è quello al momento più resistente. Chi diventa premier? Ieri è ruotato tutto intorno al super-nome e da oggi la ricerca del personaggio giusto - che dev'essere tranquillizzante anche per Silvio, già autosoprannominatosi «la spina nel fianco» - continuerà a ritmo mozza fiato. Anche perché la parola d'ordine di Salvini è «facciamo presto», sennò è meglio andare a votare. La prima intesa tra i dioscuri Giggino e Matteo è che né l'uno né l'altro avranno il ruolo di capo del governo.

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Vice-premier, forse. Ma più probabilmente lo potranno essere per il movimento cinque stelle Fraccaro e per i leghisti Giorgetti. Sul quale però si sta giocando, e non per la poltrona di vice ma su quella di capo del governo, il primo braccio di ferro tra Lega e Forza Italia. Salvini: «Si comincia da Giorgetti - così ha detto a Di Maio - ed è lui per noi l'uomo giusto a Palazzo Chigi». Risposta di Giggino: «Ma se il premier dev'essere così politicamente caratterizzato, allora perché non io?». E' una replica che dura poco. In realtà, i 5 stelle aprono spiragli su Giorgetti, potrebbe essere per loro molto potabile. In questo schema. Prima un leghista, poi un grillino. Lo schema è quello della staffetta. E la modalità di Di Maio è quella di non mostrarsi rigido ma dialogante. Il vero tratto comune tra il leader leghista e quello pentastellato è proprio la consapevolezza che non bisogna avere rigidità perché «il Paese ci guarda e il Paese vuole essere governato. Si è perso già tanto tempo». Dunque, si parte con Giorgetti? In pole position c'è lui, ma la trattativa è soltanto all'inizio.



Giorgetti come premier resta il nome prediletto da Salvini, è ottimo per rassicurare Berlusconi ed è stimato dalle opposizioni. A cominciare da quella del Pd. E' inoltre un leghista non inviso al Quirinale. Ma anche a Bruxelles viene considerato l'esponente del Carroccio più credibile e meno arroccato sulla retorica anti-europeista. C'è un altro esponente del Carroccio - futuro ministro? - che gode di simpatie allargate. E' il governatore Luca Zaia. Ma dovrebbe lasciare la presidenza del Veneto.

TRASVERSALITA'
Nella ricerca del nome giusto, i cinque stelle hanno sondato, come premier o più probabilmente come ministro degli Esteri, un super-tecnico: Giampiero Massolo. Cercato dai pentastellati, ma Massolo ha un profilo e una storia di grand commis che va bene a Forza Italia - basti ricordare che stava con Berlusconi a Palazzo Chigi e poi Berlusconi conoscendone le competenze lo ha lasciato a Lamberto Dini - e che non è sgradito alla Lega sia per i suoi rapporti di stima con Giorgetti sia per la sua conoscenza del mondo russo - è stato primo segretario d'ambasciata a Mosca dall'82 all'85 - ma non sbilanciato rispetto alla linea atlantista e per quanto riguarda l'Europa ha lavorato alla Rappresentanza permanente presso l'Ue a Bruxelles. E ancora ambasciatore presso la Santa sede e capo dei servizi segreti. Che ruolo avrà, se ne avrà uno, nel governo in fieri?

DONNE
L'esecutivo per ora, nel toto nomi, scarseggerebbe sul fronte femminile. Giulia Bongiorno, celebre avvocato, eletta con la Lega, è stata la prima ministeriabile ipotizzata ieri, ma M5S - anche per il suo passato nella difesa legale di Andreotti - non la vede bene. Un'altra Giulia, Giulia Grillo, pentastellata, potrebbe riempire la casella del ministero della Sanità. Non è un'anti-vaccinista. Lorenzo Fioramonti, economista M5 di tendenza sinistrese e keynesiano come ce ne sono anche tra i leghisti, docente a Pretoria, uno dei rari ministri in pectore annunciati prima delle elezioni da Di Maio e sopravvissuti nel gradimento del capo, è quello che potrebbe occuparsi del reddito di cittadinanza, al Mise. La donna dei conti nel M5S è Laura Castelli che è già capogruppo alla commissione Bilancio. Altro grillino: Buffagni. Ha scritto con Maroni, ed è lombardo come i lumbard, il quesito del referendum per le autonomie: in un nuovo ministero ad hoc un esperto di fisco e territori come lui è tra i papabili.

INTEGRAZIONE
La Lega tiene molto al ministero delle Infrastrutture. Considera le infrastrutture la vera cerniera tra Nord e Sud e lo strumento per riequilibrare il gap tra le due parti d'Italia. Il Carroccio vorrebbe un uomo suo in questo ruolo. Non ha una figura come è stata quella di Roberto Castelli, ma nei conversari in casa leghista si avanza il nome di Roberto Calderoli. Armando Siri, economista ascoltatissimo da Salvini, ideologo della Flat Tax al 15 per cento, insieme a Bagnai e a Borghi, colleghi e professori, è una figura indicata per uno dei ministeri economici. Per la Difesa, un salvinista doc, come Lorenzo Fontana, vice-presidente della Camera. Una donna leghista in odore di ministero potrebbe essere l'emiliana Lucia Bergonzoni. Toni Iwobi, senatore nero, responsabile immigrazione del Carroccio, sarebbe destinato al ministero della Coesione sociale e dell'Integrazione.

Il M5S come posti decisivi punta agli Esteri (è girata a un certo punto l'ipotesi Di Maio il cui atlantismo piace anche al Colle) e al dicastero di via XX settembre: il Mef. Priorità per la Lega sono l'Interno (Salvini ci terrebbe) e il Mise per cui sarebbe in ballo anche Guglielmo Picchi: 3 legislature con Forza Italia e ora tramite fra Salvini e l'entourage di Trump, professionista della finanza con forti legami nella City.

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