Il Colle: domani il nome. Poi verifica sulla solidità

Il Colle: domani il nome. Poi verifica sulla solidità
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Giovedì 10 Maggio 2018, 08:18
IL RETROSCENA
ROMA Il continuo mutamento di umore di leader e partiti sta mettendo alla prova la pazienza di Sergio Mattarella. Solo ieri l'altro Salvini chiedeva per sè l'incarico a nome di tutto il centrodestra. Due ore dopo, l'improvvida sortita del leader della Lega e di Di Maio su elezioni per l'8 luglio. Poi ancora l'annuncio di un'alleanza 5S-Lega. E infine il passo di lato di Silvio Berlusconi di ieri sera che cambia la composizione di una possibile maggioranza non più centrodestra-M5S, ma Lega-M5S. Una serie di contorsionismi misti a dosi di dilettantismo che non spostano il timing del Colle. Il governo di garanzia resta comunque pronto anche se chiuso in un cassetto della scrivania di Sergio Mattarella. La richiesta di ulteriore tempo, che oggi Salvini potrebbe avanzare nuovamente al presidente della Repubblica, va comunque supportata entro breve tempo da qualche novità. Magari con il nome del possibile presidente del Consiglio che potrebbe arrivare entro domani al Colle portato da Salvini e Di Maio.
L'ALIBI
Un rebus, quello del premier, non facile da risolvere soprattutto se si tiene conto delle difficoltà che hanno di Maio e Salvini a conciliare l'esigenza di marcarsi l'un l'altro con quella di metter su un esecutivo. Il via libera che Berlusconi ha dato a Salvini turandosi il naso per la presenza grillina, scarica ora su colui che resta - per ora - un alleato, tutti gli oneri di una trattativa con il M5S. Difficile che Salvini riesca a far pesare, nel tira e molla su ministri e poltrone, il 37% di un centrodestra che di fatto non ci sarà al tavolo con i grillini. Si chiama fuori FI, mentre FdI, come spiega Fabio Rampelli, «aspetta di conoscere il nome del premier».
Senza l'alibi di Berlusconi, che Maria Stella Gelmini definisce «uno statista» per la scelta fatta, la strada non è comunque in discesa. Al Quirinale rimbalzano le voci su un possibile premier terzo che ha il vantaggio di escludere Salvini da palazzo Chigi. Il leader della Lega rischia ora di perdere un po' di loquacità per la responsabilità che si assume a nome di tutto il centrodestra, ma senza la possibilità di condividere con FI onori e oneri anche se comunque dovrà cercare di guadagnarsi «l'astensione benevola» promessa dal portavoce azzurro Giorgio Mulè.
A Mattarella preme poter verificare non solo i numeri e la compattezza della futura maggioranza, ma anche la rispondenza della stessa ai principi cardini sui quali ruota la politica internazionale dell'Italia. E' quindi probabile che sia sul candidato-premier che sulla lista dei ministri il Quirinale dirà la sua come previsto dalla Costituzione. La prospettiva di un esecutivo a forte connotazione populista e sovranista non spaventa Mattarella al quale non mancano gli strumenti per aiutare nascita e vita dell'esecutivo.
Oltre al nome del premier che dovrà rappresentare l'Italia nei consessi internazionali, sarà quindi importante la valutazione che il Quirinale farà su coloro che andranno a dirigere i ministeri degli Esteri, della Difesa e dell'Economia. Non c'è dubbio che la decisione di mettere presto in pista un governo di garanzia ha impresso alla trattativa tra i partiti un'accelerazione che sembra dare i suoi frutti.
D'altra parte che possano restare fuori dal recinto del governo le due forze - Pd e FI - che sicuramente non possono dire di aver vinto il 4 marzo, fa parte della fisiologia di un sistema democratico e risponde sostanzialmente alla volontà degli elettori.
GLI SCAMPATI
Al grido «vediamo di cosa sono capaci», lanciato ieri mattina dall'azzurro Paolo Romani, si sono uniti ieri tutti i big di FI. Una sorta di sfida e di soddisfazione che mette insieme lo scampato pericolo per un ritorno a breve alle urne, con lo sfregar di mani per il difficile lavoro che attende il nuovo governo e la convinzione di avere tra breve tempo ampi spazi per una nuova iniziativa politica. Umore analogo si coglieva ieri nel Pd per l'accordo di governo ritenuto cosa fatta. Il partito della Nazione, contrapposto al blocco populista, scalda i muscoli sperando però che il governo regga in modo da avere il tempo per organizzarsi.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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