L’offesa al Paese/Quello sfregio dal sabotatore dell’Europa

di Mario Ajello
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Venerdì 1 Giugno 2018, 00:05
Sono le cose che si dicono in un’ora pericolosamente tarda. E infatti Giorgia Meloni addirittura sostiene che Jean-Claude Juncker abbia bevuto. Di fatto, il presidente dell’Unione Europea sbotta irresponsabilmente contro gli italiani («devono lavorare di più», cin! «devono essere meno corrotti», cin!).

E facendo ciò non solo rilancia luoghi comuni irricevibili, ma scatena una tempesta a tutto danno dell’istituzione che rappresenta. Queste esclamazioni sono un assist, anzi: un invito a nozze, non tanto per gli euro-critici e per gli euro-scettici ma per gli euro-nemicissimi, per gli euro-demolitori e per tutti quelli che vorrebbero con qualche buona ragione rimuoverlo dal suo compito, che evidentemente non svolge con disciplina e onore. Se quella del commissario europeo Oettinger è stata l’altro giorno una voce dal sen fuggita, questa del presidente Ue è un’alzata d’ingegno (si fa per dire) di basso e intollerabile livello.

Ci si lamenta di ipotetiche e comunque del tutto ideali posizioni anti-europeiste di Savona, quando abbiamo il presidente Ue che sembra essere il primo picconatore dell’Unione. E tradisce con le sue parole un certo razzismo, nemmeno tanto nascosto. Invece di sforzarsi di tenere insieme, con senno e misura, ciò che è diverso ma deve coesistere con equilibrio e senza prevaricazioni - i Paesi del Nord, quelli del Mediterraneo, la potenza tedesca, le prerogative degli altri che cercano crescita e sviluppo e non possono più sopportare l’asfissia da parametro rigido - Juncker si sforza sguaiatamente di complicare un percorso già molto accidentato. Oltretutto, la sua uscita non depone bene sulla competenza della tecnocrazia continentale, che di competenza - rispetto alla politica incapace delle varie nazioni - si riempie la bocca.

Un errore così plateale, di tipo politico ma anzitutto culturale, rientra nel capitolo scadimento qualitativo delle presunte élites. Senza calcolare che il pulpito da cui proviene l’invettiva (basta chiedere di Juncker in Lussemburgo, paradiso dell’elusione fiscale) è il meno adatto per dare lezioni di morale. E ha ragione il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, a chiedere a Juncker di smentire. Anche se il danno è fatto, e guai a derubricare a gaffe espressioni così insensate e distruttive. Per di più, Juncker ha scelto il momento peggiore per esprimere i suoi pregiudizi. Nel momento in cui l’Italia, per compatibilità con l’Europa, sceglie di rinunciare a una figura - Paolo Savona - che poteva anche legittimamente essere divisiva rispetto al contesto internazionale, la risposta è stata il piccone di Juncker. Che si rivela il grande (ma sarebbe meglio dire il piccolo) sabotatore dell’Europa. 
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