Salvini e i ministeri/ Si aiuti il Sud senza spolpare la Capitale di V. Cusenza

Salvini e i ministeri/ Si aiuti il Sud senza spolpare la Capitale di V. Cusenza
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Giovedì 19 Ottobre 2017, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 00:13

di Virman Cusenza

Il nordismo sembra veramente diventato il passato di un’illusione, che avrebbe portato danni ingenti e profondi all’interno della comunità nazionale. E può essere positivo e bene augurante il fatto che il leader di quella che era la Lega Nord, diventata proprio grazie a Matteo Salvini una sorta di Lega Italia, riconosca la necessità di superare ogni particolarismo e ogni frattura anche politica ed elettorale tra le parti del Paese. Risultate distanti ed opposte nella fotografia del voto, con un Nord di marca forzaleghista a netta prevalenza del Carroccio e un Sud dove il movimento 5 stelle ha stravinto. 

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Riequilibrare - questa la missione di chi si appresta a formare una maggioranza per dare un governo al Paese- il gap tra Nord e Sud. La soluzione è da cercare, dunque, nell’allineamento dei due piatti della bilancia, non spolpando per tutta risposta Roma, la Capitale in passato già preda di tanti saccheggi e che oggi non può accontentarsi di vaghe promesse o, peggio ancora, di dolorose amputazioni. Nella sua intervista di ieri a questo giornale, Salvini ha illustrato il proposito di ricucire la nazione partendo dal Mezzogiorno. Ma sembra contenere una incongruenza forte, l’impostazione del suo discorso.

L’idea di trasferire al Sud un ministero (il leader della Lega indica per esempio quello delle Infrastrutture) appare come una forma di compensazione per una parte d’Italia che crea uno scompenso alla sua Capitale.
Depauperare Roma trasferendo le sue istituzioni non è affatto la soluzione della questione meridionale. Anzi, sembra il paradossale ribaltamento di fronte: anziché ridistribuire, togliendo a quella parte che oggi ha oggettivamente di più (il Settentrione), si ipotizza l’ennesimo tributo al nordismo uscito dalla porta ma che potrebbe rientrare dalla finestra. Perché nella logica di un ministero trasferito a Napoli o a Bari può rientrarvi anche la strategia sbagliatissima di traslocare uno o più dicasteri a Milano, a Torino o in altre città di quell’area che finora ha avuto tanto, a detrimento del resto d’Italia, e che in una logica di ricucitura non può avere ancora di più.

È stata spolpata Roma in questi anni, anche a causa della scarsa attenzione della politica governativa alle sue esigenze e al suo ruolo, e adesso il rischio è che possa venire spogliata con la tecnica del carciofo, una foglia dopo l’altra. Invece di rinvigorirla con quei nuovi poteri (ma quali, nello specifico?), mediante quel nuovo ruolo cruciale (come concretamente realizzabile?), tramite la sua “nuova centralità in uno Stato delle autonomie e del federalismo” (ma perché nessun accenno a una legge speciale per Roma Capitale?) di cui il leader leghista parla, però tenendosi sul generale, nell’intervista al nostro giornale. 

La ricucitura di un Paese lacerato dalle diseguaglianze economiche e dagli scompensi sul piano delle opportunità - a chi poche e a chi tante, come si è visto con l’Expo o con la partita sia pure sfortunata della candidatura di Milano a ospitare l’Agenzia europea del farmaco - non può passare attraverso un’operazione di sottrazione ai danni della Capitale. Che viceversa ha urgenza di recuperare forza e ruolo. Si può togliere, semmai, a chi ha di più, non a chi versa in difficoltà non solo d’immagine ma anche di sostanza e di prospettive. 

Sorprende che la sindaca Raggi abbia plaudito alle generiche parole di Salvini sui poteri a Roma, senza però sottolineare il rischio che a pagare possa essere la città che lei governa e che del riequilibrio generale deve diventare parte attiva e dirigente e non vittima. Negando forza a Roma le si nega status e destino. E danneggiando la Capitale si danneggia l’intero Paese che essa rappresenta. 

Non è svuotando di istituzioni la Capitale, che si riempiono di possibilità le cosiddette zone depresse. Non è con un ulteriore scompenso che si riempie un vuoto. Non c’è bisogno di delocalizzare i centri decisionali per prendere decisioni e renderle attive sui territori. Urge invece una chiara idea e un adeguato impegno per mettere il Sud in condizione di produrre ricchezza, di cui ha disperata necessità, per non predisporsi a regalie o all’assistenzialismo che tanto male ha fatto e ancora potrebbe fare al nostro Mezzogiorno. 

Può darsi che la sintesi e l’eloquio apodittico di Salvini abbiano tracciato un quadro parziale e che nelle intenzioni fosse diverso e più armonico. Noi semplicemente non vorremmo che l’idea, secondo la quale i sacrifici per la ricucitura del Paese li deve fare Roma, fosse una sorta di copertura che serve a nascondere il solito obiettivo, quello più classico: il rafforzamento dei già più forti, il Nord uber alles.

Così la nuova politica vanificherebbe se stessa, riportando indietro l’orologio italiano.

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