Franceschini scuote il Pd: «Dobbiamo scongiurare l'esecutivo 5Stelle-Lega»

Franceschini scuote il Pd: «Dobbiamo scongiurare l'esecutivo 5Stelle-Lega»
di Nino Bertoloni Meli
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Mercoledì 11 Aprile 2018, 08:05
«Non possiamo più stare a guardare, è il momento di agire, di fare politica». Lo sprone viene da Dario Franceschini, che interviene subito dopo la relazione di Maurizio Martina all'assemblea congiunta di deputati e senatori del Pd, dove il reggente ha ribadito la chiusura ai cinquestelle, «il confronto si faccia sui nostri quattro punti». E subito si capisce che quello di Dario è un intervento preparato, meditato, di prospettiva, con una analisi dietro e con obiettivi politici collegati. E Renzi? Non c'era, ma - a smentire le voci che in queste ore si moltiplicano di sue aperture a governi «purché senza Di Maio» - ha fatto sapere di guardare da lontano lasciando che il Pd vada verso il congresso subito.

L'analisi di Franceschini, dunque: «Lega e M5S non sono la stessa cosa, nel movimento di Grillo c'è di tutto, destra, sinistra, buone intenzioni, buone intuizioni, tante ambiguità in politica estera, ma soprattutto tanti voti che prima erano del Pd e ora sono finiti lì». C'è anche un passaggio ironico, che però rende il clima interno: «E ora, per favore, non cominciate a mandare tweet scrivendo che Franceschini propone il governo con Di Maio».

L'OBIETTIVO
Quale l'obiettivo politico? Per il ministro della Cultura, quella che sta per aprirsi è «una seconda fase», dopo la prima, inconcludente, dove i presunti vincitori delle elezioni non sono riusciti a combinare alcunché, una seconda fase dove, Franceschini lo fa capire abbastanza chiaramente, il pallino sarà sempre più in mano al capo dello Stato che si adopererà per trovare una soluzione per il governo del Paese. Dunque? Franceschini smonta, o cerca di smontare, uno dei capisaldi dei renziani, quelli che scommettono o danno per scontato che si arrivi a un governo tra Lega e M5S. «No, noi non possiamo tifare perché Di Maio e Salvini facciano un governo insieme, non sono la stessa cosa, dobbiamo anzi lavorare perché quel governo non veda la luce». Ma l'unico modo per evitare l'abbraccio tra Di Maio e Salvini non è altro che un Pd che abbraccia a sua volta Giggino, Franceschini non lo dice così esplicitamente, si spinge al massimo a dire che «dobbiamo condizionare il M5S perché diventi una forza riformista».

Esce allo scoperto, e detta un'altra linea, l'anima trattativista dentro il Pd. Dopo Franceschini, hanno parlato anche Andrea Orlando, Francesco Boccia, tutte le minoranze, la novità è il reclutamento del ministro della Cultura tra le file della minoranza. Per Orlando, la risoluzione della direzione con il no a ogni dialogo con M5S è «ambigua» e va messa in discussione, anche se il Guardasigilli non crede fattibile un governo mentre vede più probabili le elezioni anticipate. «M5S e Lega per noi pari sono, entrambi da contrastare», la prima replica di parte di maggioranza affidata a Matteo Orfini. «Sulla democrazia e sul lavoro la pensiamo in maniera diametralmente opposta», insiste il presidente dem, che poi ricorda che non si tratta tanto di tifare per un governo Lega-M5S, il fatto è che «oltre il 50% degli elettori li ha votati, e quindi ha dato quell'indicazione».

I capigruppo, Marcucci e Delrio, hanno ricordato gli incontri con M5S «dove ci hanno trattato con strafottenza» (Marcucci), mentre Delrio ha preso di petto Franceschini ed è stato tra i più decisi a rintuzzare il trattativismo: «Il servizio al Paese lo rendiamo non mischiandoci a loro, il M5S manca di cultura democratica e istituzionale, le distanze con loro sono incolmabili, e non le colmiamo nel modo che suggerisce Dario». Propongono il contratto? «Lo facciano in Parlamento».
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