«Il Maidan è una malattia, noi la cureremo»: è uno degli slogan della marcia anti Maidan svoltasi oggi a Mosca e in alcune città russe, all'indomani delle celebrazioni a Kiev del primo anniversario della rivoluzione filo europea che ha portato alla fuga in Russia dell'allora presidente Viktor Ianukovich, all'annessione della Crimea e alla guerra nel Donbass.
Un vaso di Pandora ancora aperto, con gli Usa e la Gran Bretagna che oggi hanno discusso di nuove sanzioni contro »il comportamento vile« della Russia nel suo supporto ai ribelli, che mina la fragile tregua, come ha accusato il segretario di Stato Usa John Kerry. «La Russia ha intrapreso un processo assolutamente sfrontato e cinico negli ultimi giorni», ha denunciato in un incontro a Londra con il ministro degli Esteri britannico Philip Hammond.
«Partecipate se amate il vostro Paese», avevamo martellato le tv di Stato russe nei giorni scorsi, pubblicizzando la manifestazione di oggi, una sorta di mobilitazione generale contro le tanto temute «rivoluzioni colorate» nell'ex Urss che Mosca ritiene ispirate e finanziate da Washington.
L'ironia della storia ha voluto che la marcia di oggi si concludesse con un comizio nella piazza intitolata alla rivoluzione (di ottobre), di fronte al Bolshoi. C'erano cosacchi in vestiti tradizionali, giovani e pensionati, reduci delle guerre cecene e di quella afghana, deputati e senatori, scrittori oscuri come Nikolai Starikov (noto più per il suo premio Goebbels che non per i suoi libri), star di film d'azione russi come Mikhail Porechenkov ed ex glorie dello sport come la campionessa mondiale di arti marziali Iulia Berezikova.
Presente anche Aleksandr Zaldostanov, detto "il Chirurgo", capo dei patriottici biker Lupi Neri, che Putin chiama »fratelli«. Una marea di militanti inquadrati, con il nastrino arancio nero di San Giorgio e un campionario di bandiere: il tricolore russo, gli stendardi delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, il vessillo della Novorossia, bandiere cecene e bandiere rosse. Numerosi gli slogan filo Cremlino: «Putin e Kadyrov non consentiranno Maidan», «Non dimenticheremo e non perdoneremo«, »Putinismo per sempre». O anti Maidan: «Kiev è in Europa, l'Europa non lo sa», «oggi Maidan, domani rovina», «Non siamo Maidown».
Non mancavano quelli anti americani, tra vignette di Obama raffigurato con i baffetti alla Hitler: «Yankee andate a casa e portatevi Maidan con voi», «Obama uccide il Donbass». Ma quello più popolare e più scandito era «Il Maidan non passerà». «Sostengo completamente la politica di Putin, non voglio nè caos nè guerra civile nel mio Paese», ha commentato un reduce dell'Afghanistan. Le immagini della manifestazione hanno aperto tutti i tg russi, insieme all'intervista a Ianukovich, che promette pateticamente di tornare in Ucraina «appena possibile» per «migliorare la vita dei cittadini» e denuncia «l'illegalità regnante in Ucraina» dopo il Maidan.
L'ex capo di Stato ucraino chiede inoltre che sia fatta luce sugli oltre 100 uccisi dai cecchini tra il 18 e il 20 febbraio scorsi: una strage che ieri il presidente ucraino Petro Poroshenko ha attribuito direttamente alla regia del consigliere presidenziale Viaceslav Surkov, l'ex ideologo del Cremlino. Intanto nel Donbass la tregua resta fragile, con qualche vittima (1 soldato e tre civili) e reciproche accuse di violazioni sporadiche, anche se oggi a Lugansk c'è stato il primo scambio di prigionieri, come previsto dagli accordi di Minsk: 139 soldati di Kiev sono stati scambiati per 52 miliziani separatisti. Ma Kiev ha deciso di chiudere 23 checkpoint al confine con la Russia e ha negato l'accredito ad oltre 100 media russi, una misura definita da Mosca come «non democratica».