Strategie d’uscita/Se Londra adotta il modello Giappone

di Giulio Sapelli
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Martedì 5 Dicembre 2017, 00:05
La frenata finale imposta alla trattativa sulla Brexit non cambia la percezione diffusa di un accordo che comunque non è lontano. Magari non così scontato, visto che il tema dei confini irlandesi e quello relativo alla Corte di giustizia stanno agitando più del previsto i circoli inglesi e quindi possono ancora provocare qualche scossa.

E tuttavia appare chiaro l’interesse, soprattutto di Theresa May, a raggiungere un punto d’incontro con Bruxelles entro l’anno. 
Dunque, a meno di rotture al momento non previste, il 2018 potrebbe aprirsi con l’avvio della seconda fase delle trattative, quella relativa agli accordi commerciali, particolarmente attesa del mondo economico europeo. Nel frattempo vale porsi una domanda: visti i non modesti cambiamenti intervenuti sulla scena globale dal voto sulla Brexit, quale sarà l’assetto geopolitico mondiale a Brexit consumata? La risposta spiega anche parte dei motivi che spingono Regno Unito ed Europa ad accelerare i tempi.

In primo luogo va considerata la difficile situazione internazionale, che rende necessario abbassare il grado di instabilità dell’Occidente puntando semmai a una sua maggiore coesione. Il conflitto nord coreano, scatenato principalmente da un allentamento dei controlli congiunti che per decenni Russia e Cina hanno esercitato sulla casta militare e famigliare di Pyongyang, è ormai al calor bianco. 

Al punto che nessuno più sorride davanti alla prospettiva di una guerra termonucleare. Dunque, non solo gli Stati Uniti non debbono restare isolati ma nel concentrarsi sul punto di crisi debbono poter contare su tutta l’Europa, non solo quindi sulla Nato. Del resto, solo un’Europa unita - sia pure divisa nelle aspirazioni nazionali - può rendere possibile un condizionamento meno esasperato delle scelte americane.

D’altronde, la Gran Bretagna non potrà non assumere verso l’Europa un atteggiamento di cooperazione e di condivisione delle scelte internazionali più cruciali. Non correre insieme un’avventura, sebbene alimenti amarezza e qualche rancore, non vuol dire separarsi per sempre. La stabilità e la pace in Medio Oriente e in Africa sono obbiettivi comuni anche dei britannici e il tentativo inglese di costruire un’anglosfera aperta alla Cina non può non interessare l’Europa. È una via di cooperazione tra distinti interessi che è già stata positivamente perseguita in Asia tra Giappone da un lato e Corea del Sud insieme alla Cina dall’altro.

La storia dimostra che la combinazione di interessi commerciali, economici e financo culturali è in grado di imporsi fino a superare anche le più ostinate intransigenze. Come ormai hanno chiaro tutti gli economisti con i piedi per terra, nel «nuovo mondo» l’interdipendenza economica è uno stato di necessità più che una libera scelta. Si tratta di una tendenza e insieme di un destino ineluttabile: è il «dolce commercio» di cui parlava Montesquieu e che ancora oggi continua a far sentire tutti i suoi benefici effetti. Brexit o non Brexit.
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