Regeni, scontro fra Al Sisi e la sua polizia: le promesse del presidente vanificate dai depistaggi

Regeni, scontro fra Al Sisi e la sua polizia: le promesse del presidente vanificate dai depistaggi
di Valentina Errante
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Domenica 3 Aprile 2016, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 19:33

Non è più una partita tra Roma e il Cairo, ma un braccio di ferro interno del regime di Al Sisi. Da forze, contrappesi e scontri, che logorano il governo egiziano, dipende adesso l’esito delle indagini sulla morte di Giulio Regeni. 
La spaccatura, per gli inquirenti, è oramai evidente: la procura generale, legata a doppio filo ad Al Sisi, ha assicurato collaborazione al procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e al sostituto Sergio Colaiocco, annunciando velatamente un cambiamento di rotta rispetto ai depistaggi e promettendo un nuovo incontro tra gli investigatori. Dall’altra parte c’è la polizia: il ministero dell’Interno di Magdy Abd El Ghaffar, che ha continuato a diffondere notizie false anche dopo il vertice. Come l’ultima pista, con la quale si pretendeva di chiudere il caso: la banda di rapinatori, tutti uccisi, trovati in possesso degli effetti personali del ricercatore italiano. Notizia sulla quale il Cairo ha fatto poi marcia indietro. Al vertice previsto per martedì non parteciperà la procura, dovrebbe essere un incontro tra polizie, ma la mancata conferma dell’arrivo degli investigatori egiziani sembra adesso l’ennesima prova dello scontro in corso. È probabile che la riunione avvenga, il ritardo nella comunicazione al capo della polizia Alessandro Pansa, però, viene letta come un’altra affermazione della scarsa volontà di collaborare da parte del ministero dell’Interno. E un altro ”sintomo” dei contrasti che si consumano all’interno del regime sarebbero le false notizie veicolate due giorni fa sul dossier che potrebbe essere consegnato agli investigatori italiani. Documenti nei quali si ammetterebbe l’attenzione dei servizi segreti sul ricercatore di Fiumicello. 
 
VECCHIE RUGGINI
La spaccatura tra il regime e le forze di polizia risultava evidente già prima che Giulio sparisse. Proprio lo scorso agosto era stata Maha Abdelrahman, tutor di Giulio all’Università di Oxford, a scrivere delle manifestazioni di protesta dei poliziotti contro Al Sisi su un giornale egiziano. Circostanza inconsueta in un regime. Le deboli aspettative nate dopo l’incontro al Cairo tra magistrati e le parole di Al Sisi sono state subito disattese. 
La promessa di un cambiamento di rotta rispetto all’atteggiamento ostentato durante la permanenza dei nostri uomini in Egitto e ai troppi depistaggi nelle indagini, è stato smentito lo scorso 25 marzo, quando. Dopo le rassicurazioni del procuratore generale Nabil Ahmed Sadeq (nominato dallo stesso Al Sisi all’indomani dell’omicidio del predecessore Hisham Barakat) a Pignatone è andato in scena l’ennesimo depistaggio. Smentito in extremis, dopo una lunga trattativa diplomatica. 

L’INCONTRO
Un fatto è certo: se i poliziotti egiziani atterreranno a Roma, non consegneranno agli uomini di Sco e Ros nessun elemento nuovo rispetto a quelli già inviati alla procura. Non esiste un dossier nel quale si ammetta che Regeni ”fosse attenzionato” dai servizi segreti egiziani. La notizia, diffusa venerdì dal giornale Al Akhbar, riguarda piuttosto i documenti già consegnati ai pm romani: i tabulati di Giulio, l’esito dell’autopsia e i verbali delle testimonianze di chi frequentava il ricercatore italiano. La ricostruzione avvenuta post mortem. E’ difficile che indagini così condotte possano davvero consegnare i responsabili alla giustizia. Cosa ne sarà dei rapporti tra Egitto e Italia sarà comunque la politica a stabilirlo.


 

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