Iran, non verrà giustiziato il blogger condannato per un post su Facebook

La pagina Facebook di Soheil Arabi
di Giulia Aubry
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Giovedì 19 Febbraio 2015, 14:54 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 19:17
E' anche una vittoria italiana, grazie al lavoro svolto dal senatore Luigi Manconi come mediatore con l'ambasciata iraniana. E' anche una vittoria di change.org che aveva lanciato una petizione sul web rivolta al governo di Teheran, raccogliendo oltre 240.000 firme.



Ma è soprattutto la vittoria di Soheil Arabi, il blogger e fotografo iraniano condannato a morte, lo scorso 26 novembre, per un post pubblicato su Facebook e ritenuto offensivo nei confronti del Profeta Maometto e di alcuni politici iraniani.



Dopo che l'opinione pubblica internazionale è venuta a conoscenza della vicenda del giovane iraniano, sposato con Nastaran e padre della piccola Roujan di soli 5 anni, la giustizia iraniana ha dovuto rivedere la sua sentenza iniziale (mascherata, impropriamente, da un'accusa all'uomo per presunta violenza sessuale).



In realtà la sentenza aveva sollevato parecchi dubbi e polemiche anche all'interno dei vertici iraniani. Lo stesso ambasciatore Mozaffari, secondo quanto dichiarato dal senatore Manconi, aveva osservato, nelle scorse settimane, che "mai in Iran qualcuno era stato giustiziato per il reato di offesa al Profeta".



E' stato proprio il rappresentante diplomatico iraniano in Italia a confermare la sospensione della pena capitale per Arabi e la modifica del capo di imputazione che, però, al momento non si conosce ancora nei suoi nuovi contenuti.



Un'altra vittoria della mobilitazione collettiva e del web in difesa dei diritti umani e civili.