Con questa frase El Zend ha risposto con tono deciso alla domanda rivoltagli da un giornalista televisivo durante la trasmissione 'Sada El Balad' (L'eco del paese), sull' intensificarsi degli arresti di giornalisti in Egitto negli ultimi tempi. Le notizie di alcuni arresti, infatti, sono rimbalzate all'estero ed hanno sollevato proteste anche di enti come il Comitato internazionale per la protezione dei giornalisti ed altri enti umanitari. Subito dopo l'infelice battuta del ministro, nei social network si è manifestato un risentimento diffuso per l'offesa al 'profetà: evidente il riferimento al fondatore dell'Islam, Maometto, anche se non nominato direttamente dal ministro. Quando il suo nome viene citato, sia verbalmente, sia per iscritto è doveroso far seguire al suo nome l'espressione 'Pace e salute alla sua animà. El Zend non è nuovo a dichiarazioni poco gradite all'opinione pubblica egiziana.
Fu nominato al suo dicastero, nel maggio 2015, dopo un'altra gaffe di un suo predecessore, che aveva detto in tv che «il figlio di uno spazzino non potrà mai diventare magistrato».
Ma El Zend non fu meno improvvido nel sostenere che «chiunque chiede di far pulizia nella magistratura deve prima pulire se stesso» e che «chiunque critica i figli dei giudici è uno che odia per partito preso». Ma maggior risentimento fu provocato dalla sua opinione secondo la quale i giudici «sono padroni in questo paese (Egitto) e tutti gli altri sono schiavi». Già presidente del Club dei Giudici, la sua nomina sarebbe stata decisa per la sua opposizione frontale ai Fratelli Musulmani, espressa con evidenza in più occasioni, anche a livello giudiziario.
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