Pignatone mette limiti alle iscrizioni facili nel registro degli indagati. Gli avvocati: «Bene ma garanzie a rischio»

Giuseppe Pignatone
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Giovedì 19 Ottobre 2017, 10:22 - Ultimo aggiornamento: 14:47
«Condivido la circolare di Pignatone e mi fa piacere che ci sia stata una buona risposta anche da parte di altri procuratori». Dopo l'assist del vice presidente del Csm Giovanni Legnini, anche il leader dell'Associazione nazionale magistrati Eugenio Albamonte sottoscrive l'invito alla prudenza del capo dei pm di Roma ai suoi sostituti nel procedere all' iscrizione nel registro degli indagati e non sottoporsi ad uno sterile principio di "favor iscritionis" (iniziativa adottata dopo la riforma del processo penale approvata  a fine estate). 
«Ha ragione Pignatone quando dice che l'iscrizione nel registro degli indagati non è un atto dovuto quando mancano gli elementi» conviene pure il presidente dell'Unione delle Camere penali Beniamino Migliucci, che però ammonisce: «la sua circolare non diventi un modo per eludere la necessità di una data certa di inizio delle indagini». «Il fatto che l'iscrizione non sia un atto dovuto se mancano gli elementi è vero, ma bisogna stare attenti: se vi sono invece i presupposti - avverte il capo dei penalisti - si corre il rischio che le indagini inizino a scapito dell'iscrizione. Pignatone evoca la nuova riforma Orlando. Quella norma che noi avremmo voluto più cogente si riferiva alla necessità che vi fosse certezza sulla data di iscrizione nel registro degli indagati. Ma se si immagina di poter fare approfondimenti senza l'iscrizione si finisce con il frustrare lo scopo della norma. Il rischio è che vengano compiuti atti irripetibili di indagine senza far partecipare la persona che poi sarà indagata».

«Le indagini preliminari sono sempre monitorate nella loro durata- replica a distanza Albamonte- Il problema reale è non compiere atti che presuppongono il contraddittorio, facendo finta che non esista un indagato. Questo è rimesso alla responsabilità di tutti noi. Ma c'è anche una sanzione processuale: l'inutilizzabilità degli atti, che è l'incubo del pm: viene accuratamente evitata perchè sposta e in alcuni casi capovolge l'esito processuale rispetto alle indagini, anche con un certo discredito professionale per il pm».

Dal mondo della magistratura arrivano anche altri sì alla circolare di Pignatone. «È un importante e autorevole spunto di riflessione», sostiene il procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini.
E anche il capo dei pm di Bari Giuseppe Volpe sembra sposare la linea del collega romano: «siamo dell'avviso che le garanzie vadano comunque assicurate a chi potrebbe essere pregiudicato da accertamenti che non sono più ripetibili, è chiaro che bisogna essere prudenti se non emergono indizi a carico di alcuno non c'è da avvisare nessuno ma nel momento in cui un minimo indizio si dovesse ipotizzare è giusto che chi potrebbe essere poi attinto dalle indagini e risultare indagato venga avvisato per partecipare agli accertamenti urgenti». Mentre a livello politico è Fabrizio Cicchitto di Alternativa popolare ad apprezzare pubblicamente la direttiva del procuratore della capitale. Piena sintonia c'è invece tra magistrati e avvocati sull'avviso di garanzia diventato una specie di gogna, come sostenuto da Legnini. «Ha ragione» dice Migliucci, auspicando una svolta culturale. «È la conseguenza della mediatizzazione del processo, legata anche ai tempi dell'informazione che sono più celeri di quelli del processo», osserva Albamonte, convinto che occorra «restituire centralità al processo».
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