A Piacenza, sabato scorso, un carabiniere è inciampato durante una ritirata strategica: lo hanno assalito e pestato con il suo stesso scudo e con aste di legno e di ferro. Una spalla rotta, ricovero in ospedale, intervento chirurgico. Una scena filmata e diffusa dai tg nella quale è evidente la carica di estrema e criminale violenza della prima linea dei manifestanti, poi identificati e incriminati. Un episodio “vergognoso” lo ha definito il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, rimarcando la necessità di impedire alla piazza che cerca lo sfascio di farla da padrone.
Polizia e carabinieri, come strategia d’intervento, cercano in ogni occasione di contenere queste spinte: si vuole evitare che la contrapposizione frontale degeneri e s’inasprisca. Una tecnica intelligente che scongiura anche da parte di polizia e carabinieri risposte fuori misura. E’ capitato e all’occorrenza è stato fatto notare. E tuttavia non è pensabile che si possano inscenare manifestazioni di piazza perfino non autorizzate che si prefiggono di sfidare le regole dell’ordine pubblico e si traducono in aperte sfide intrise di violenza programmata. Quest’ultimo scorcio di campagna elettorale è a rischio. L’esigenza di poter disporre democraticamente di luoghi pubblici non può e non deve imbattersi nei piani di chi intende la piazza come unico terremo di scontro violento. Le indagini che seguono gli incidenti, nella maggior parte dei casi, riescono a individuare un certo numero di responsabili e di giungere a precise incriminazioni, ma poi è l’iter giudiziario che diviene assai poco esemplare. Come sarebbe utile, anzi necessario.
Tra sconti, patteggiamenti e altre premialità penitenziarie i processi per direttissima si diluiscono e si stemperano. Talvolta lasciano il tempo che trovano. Comunque, non si percepisce che la sfida paga e anzi il conto è tutt’altro che salato. L’attacco alle forze dell’ordine in servizio di ordine pubblico deve tornare ad essere un comportamento assai grave. Il ventaglio dei reati contestati davanti al giudice deve contenere il senso di una sfida inaccettabile. S’innesta qui un concetto generale. In altri paesi la polizia, le forze dell’ordine, sono rigorosamente tenute a comportamenti adeguati alle circostanze, nel rispetto dei diritti dei cittadini e però guai a chi ne investe l’autorità ingaggiando scontri nei quali si nota una attenta programmazione. Si cerca la sfida, il contatto, lo scontro. La legislazione vigente è adeguata a scongiurare travisamenti, armi improprie, comportamenti illegali. Ma è forse un maggior rigore della sua applicazione che ancora è carente.
Le piazze, in democrazia, devono essere e restare luoghi nei quali la gente può pacificamente radunarsi e manifestare, come è detto in Costituzione. Qualsiasi deroga crea disagio, panico, danni, ferite alla democrazia. E alle persone.
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