Le clamorose falle nel sistema dell’ordine pubblico

di Paolo Graldi
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Giovedì 19 Febbraio 2015, 23:45 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 00:12
Quante volte abbiamo sentito dire: basta, mai più violenza dentro e fuori dagli stadi. E giù con solenni esecrazioni, sdegnate proteste, richieste di dimissioni. I fatti dell’altra notte a Campo de’ Fiori e di ieri a piazza di Spagna, ma è meglio dire in tutto il centro storico della Capitale, segnalano, dolorosamente, una situazione dell’ordine pubblico allo sbando.



Specie della prevenzione di fatti e fattacci ampiamente previsti e prevedibili.

C’è, osservando l’accaduto e il mosaico davvero allarmante dei mille episodi di violenza e di vandalismo da parte dei tifosi olandesi del Feyenoord, la sensazione (che poi diventa constatazione) di una città aperta e indifesa, esposta agli attacchi dei guerriglieri incappucciati con le molotov sotto le giacchette programmati per incendiare le strade e le piazze e stranita, confusa di fronte all’invasione di due o tremila ultrà.



Migliaia di giovani partiti da casa con l’idea di gozzovigliare da noi, dispiegando minacce, devastazioni, decisi ad impossessarsi dei luoghi per farne bivacchi, alimentati da improvvisati venditori di alcolici (birra e rum a fiumi) decisi a infischiarsene dell’ordinanza prefettizia che ne vietava perentoriamente la vendita nei due giorni caldi.

Ubriachi fradici, decisi alla battaglia contro la polizia tirando bottiglie e lattine ma anche fumogeni e bombe carta. La notte di mercoledì a Campo de’ Fiori s’era perfettamente capito – o almeno così doveva essere – che aria tirava con questi energumeni, per i quali la partita all’Olimpico per l’Europa League fungeva quasi da pretesto, tanto per inverare la fama di hooligans temerari e invincibili.



Questi erano i presupposti e gli scalmanati si sono presentati puntuali all’appuntamento con Roma. Ma la città era distratta. Ha preso il rischio sottogamba. Ha sospinto le truppe scatenate a piazza di Spagna, decisione che si è dimostrata disastrosa perché è stato come offrire su un vassoio d’argento una delle più belle piazze del mondo al vandalismo più oltraggioso. Ne ha fatto le spese, tra l’altro, la Barcaccia del Bernini, appena restituita alla gioia dei turisti, attrazione emozionante, imprescindibile.



I maligni dicono che la Questura, in mattinata, era concentrata su come contenere lo stupore per un trailer postato su internet nel quale un paio di rom scorrazzano e volteggiano su un’auto con la livrea della polizia: uno sberleffo da lasciare basiti, anche se poi si è scoperto che era solo un’auto di scena e non una vera volante sequestrata per la bravata.

In tutti i casi gli accidenti (non chiamiamoli incidenti) con gli ultrà olandesi (ma non è l’unica volta) sembrano segnalare fragilità (qualcuno le chiama “falle”) che forse dipendono dalle esigue forze disponibili ma che, forse, rimontano a sottovalutazioni e analisi deficitarie rispetto alla realtà come essa si evolve e per le quali si richiede una riflessione complessiva senza reticenze.



L’arresto di 23 giovani a Campo de’ Fiori e quelli più numerosi di ieri devono trovare una risposta immediata, severa, esemplare. Anche sulla legittima pretesa di ripagare i danni materiali e morali. Danni inferti a una città che è stata scambiata per una latrina e dove lo scempio programmato e attuato ha ferito profondamente il senso di civiltà e di accoglienza dei romani. Il sindaco Marino dice «non finisce qui», ma si può aggiungere che «comincia qui» una rilettura dell’ordine pubblico, della capacità operativa di chi lo deve garantire al di là della tentazione, del resto già utilizzata, di richiedere dimissioni a destra e a manca.



Non sono tempi in cui segnali di debolezza, di ventri molli, di incapacità a rispondere ad ogni emergenza con la necessaria lucidità e fermezza, sono ammissibili. Nel mondo proprio ieri, così come nei giorni scorsi e nei molti che verranno, si discute di come proteggere al massimo livello la Capitale, di come predisporre una sorveglianza attiva in grado di fronteggiare qualsiasi sfida, prevista, prevedibile o improvvisa che sia. I tempi che corriamo non ammettono distrazioni, al contrario i responsabili sono chiamati a dimostrare prontezza ed efficacia. A tutti i livelli: per ogni genere di compito da osservare e da assicurare.



I giorni sporchi del teppismo calcistico, con le nostre piazze ridotte a immondezzai e le strade a vespasiani a cielo aperto, devono finire e saper avviare con urgenza una risposta che non ricalchi più schemi del passato buonismo: tutti devono scendere in campo, le istituzioni, le autorità e però anche le società che lisciano il pelo a una tifoseria fuori di senno, prigioniera inguaribile di una coazione a ripetere i propri odiosi gesti di violenza e sopraffazione. Quante volte abbiamo sentito dire «basta». Ecco, adesso basta davvero. Chi lo sa dire solo sottovoce, timidamente, non serve e se infila la via di uscita, nessuno lo trattiene.