Cyber security, la reazione dell’Italia

di Paolo Messa
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Martedì 14 Febbraio 2017, 00:22 - Ultimo aggiornamento: 01:00
Il ministero degli Affari esteri ma anche quello della Difesa, come rivelato da “Il Messaggero”, violati dagli hacker. I pc delle istituzioni, come quelli delle imprese, possono contenere informazioni assai ghiotte per Stati stranieri così come per le aziende concorrenti. Solo poche settimane fa, l’inchiesta EyePiramid della procura di Roma aveva fatto emergere uno scenario preoccupante di spionaggio elettronico realizzato dal professionista Occhionero con la sorella. D’un tratto è come se l’Italia si fosse svegliata dal torpore ed avesse scoperto la sua vulnerabilità cibernetica.

Al netto infatti delle speculazioni sui presunti autori o mandanti di tali intrusioni, è evidente che questi casi di cronaca fanno emergere con incontrovertibile preoccupazione la necessità per il nostro Paese di correre ai ripari e garantire un adeguato standard di protezione, per le sue istituzioni ma anche per tutelare gli asset economici delle imprese ed i diritti individuali dei cittadini. La sicurezza elettronica non è e non può essere considerata una moda o un capriccio e guai a pensare di riuscire a cavarsela singolarmente.
Per oltre un anno, il tema cyber è stato vittima delle sabbie mobili delle polemiche interne nel dibattito politico. L’ex premier Renzi aveva immaginato di istituire una figura collocata al suo fianco a Palazzo Chigi, una sorta di “zar” anche per effetto del ruolo di forte guida ed indirizzo. Una “personalizzazione” che aveva suscitato preoccupazioni e timori che hanno finito per impedire il varo della riforma di quell’assetto istituzionale che era stato disegnato solo pochi anni fa durante il governo di Mario Monti.

Adesso è la volta di Paolo Gentiloni che ha raccolto il testimone e, tenendo conto della evoluzione del dibattito dei mesi precedenti, ha scelto di accelerare e offrire una prima, forte, risposta alle preoccupazioni circa l’inviolabilità delle piattaforme elettroniche del Paese. Il nuovo paradigma prevede che a giocare il ruolo di cerniera istituzionale sarà il Dis, il dipartimento dell’intelligence italiana guidato dal prefetto Alessandro Pansa, già capo della Polizia e personalità di garanzia unanimemente apprezzata. Il comitato parlamentare che si occupa della vigilanza dei servizi segreti è già al lavoro con gli esperti del governo per elaborare una normativa che vada in questa direzione. I contenuti del provvedimento sono ancora riservati ma lo stesso Gentiloni ed il ministro dell’Interno Minniti, intervenendo alla Camera, hanno fornito le prime, utili, indicazioni su quello che sarà l’assetto della cyber security in Italia.

L’obiettivo è quello di realizzare una semplificazione e razionalizzazione della catena di comando e, se i poteri di coordinamento saranno affidati all’intelligence, il governo politico e strategico sarà svolto dal Cisr (il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica), del quale fanno parte il presidente del Consiglio, l’autorità delegata all’intelligence (che oggi è lo stesso premier che ne ha la delega), i ministri di Interno, Difesa, Giustizia, Economia e Sviluppo economico e il capo del Dis che ne è il segretario. Un altro tassello fondamentale del nuovo mosaico sarà garantito da una maggiore - e strutturata - collaborazione fra istituzioni pubbliche ed operatori privati titolari di infrastrutture critiche o di attività di interesse nazionale. Il contesto è, più in generale, quello di una decisiva attuazione della direttiva europea (Network and Information Security) che il nostro Paese dovrà attuare entro la prima metà del 2018.

Resta sullo sfondo il nodo delle risorse finanziarie. Gli investimenti necessari sono notevoli, soprattutto per la formazione e l’addestramento di specialisti. Gli altri grandi paesi europei spendono non meno di un miliardo l’anno mentre da noi prevalgono ancora i vincoli della finanza pubblica. Tuttavia, in attesa di compiere i passi successivi pur fondamentali, è indispensabile superare lo stallo e riuscire quindi ad avere una governance più efficace. Il nostro interesse nazionale, anche come parte dell’Unione europea e della Nato, ci impone una reazione forte. Ad essere minacciati dagli hacker non sono singoli computer o account ma la stessa idea di democrazia.
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