I FAMIGLIARI
Secondo i famigliari del marocchino ritenuto coinvolto nell'attentato al museo del Bardo a Tunisi, e arrestato nel Milanese, il giovane sarebbe sempre rimasto in Italia, dove peraltro avrebbe condotto una vita alla luce del sole, andando persino a scuola a imparare l'italiano. Lo sostiene la madre, Fatma, di 46 anni, che a Gaggiano (Milano) ha mostrato alcuni documenti che lo riguardano. Innanzitutto un decreto di respingimento con accompagnamento alla frontiera del questore di Agrigento a carico di tale Abdelmajid Tawil, un «sedicente», datato 17 febbraio 2015. Sulle prime era stato riferito di una intimazione a lasciare il Paese, mentre il documento che la donna ha mostrato obbligherebbe a un «respingimento» coatto alla frontiera, indicando perfino la 'portà: Roma Fiumicino.
Gli accertamenti per stabilire i suoi movimenti, comunque, sono ancora in corso.
Al momento quindi non è chiaro se il giovane marocchino, giunto a Porto Empedocle con un barcone di migranti lo stesso giorno, sia stato effettivamente espulso, se non lo sia stato mai nonostante l'ordinanza o se, come spesso accade, delle difficoltà procedurali possano aver fatto tramutare l'ordinanza di espulsione in un 'intimazionè entro sette giorni a lasciare autonomamente l'Italia. Spesso, infatti, spiegano gli agenti dell'Immigrazione, l'indisponibilità di un volo o difficoltà opposte dal governo del Paese straniero che deve riceve il migrante accompagnato alla frontiera, specie se sedicente quindi senza una nazionalità accertata, possono far tramutare l'espulsione in intimazione a lasciare il territorio nazionale. «Di questi soggetti, poi, quasi sempre si perdono le tracce»
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