Uffizi, Schmidt: «Io sindaco di Firenze? Me lo chiedono. E Nardella non è più famoso di me»

Parla il direttore degli Uffizi

Uffizi, Schmidt: «Io sindaco di Firenze? Me lo chiedono. E Nardella non è più famoso di me»
di Laura Larcan
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Martedì 5 Dicembre 2023, 08:40 - Ultimo aggiornamento: 13:54

«Io sindaco a Firenze? È una scelta che voglio ponderare bene. Molti mi incoraggiano...». Eike Schmidt, 55 anni, direttore degli Uffizi alla fine del secondo mandato, parla con pacata sicurezza. Rilascia l'intervista mentre tra una conferenza e una inaugurazione si gode la pausa di un caffè. Il suo nome, di teutonica origine (nato a Friburgo), sta calamitando i riflettori della cultura, ma anche della politica a Firenze.

Direttore, lo scorso 28 novembre ha festeggiato la sua cittadinanza italiana. Non pensa più di andare a lavorare all'estero?
«Diciamo che vorrei che il mio futuro professionale abbia una sede in Italia. La cittadinanza è un bel traguardo. Mi riempie di orgoglio. La cultura e l'arte italiane sono sempre state nel mio cuore. Quando ero piccolo, ho cominciato con i viaggi in Italia con mia nonna, poi da ragazzo ho partecipato al progetto Erasmus fino al Dams di Bologna, ho vissuto sei anni a Firenze per scrivere il dottorato. Dopo il matrimonio con Roberta (Bartoli, ndr), ora la cittadinanza».

In molti hanno anche pensato fosse un atto strategico per la sua candidatura a sindaco...
«Fare il sindaco è un lavoro serio, lo è come fare il direttore del museo più importante d'Italia. Richiedono almeno 24 ore di dedizione. Per questo ora voglio concentrami sulla conclusione del mio mandato che scade a Natale. Subito dopo comincerò a mettere nero su bianco sulla mia moleskine tutto quello che comporta una candidatura, valuterò i punti di rischio e di opportunità, parlerò con le persone. È chiaro che a gennaio una decisione dovrò prenderla».

Lei è stata sempre una presenza forte a Firenze. È arrivato nel 2015 con iniziative contro i bagarini, e ora saluta gli Uffizi con le guardie giurate armate.
«Ho sempre ragionato così: cosa posso fare io per Firenze e per gli Uffizi? Turismo e cultura sono collegati, pertanto ho affrontato i temi caldi come il decoro, la legalità e la sicurezza.

Ma mi sono espresso sempre in termini di perimetro degli Uffizi. E mi sono difeso a testa alta dagli attacchi abbastanza irrituali che mi sono arrivati da Palazzo Vecchio...»

Sua moglie sarebbe d'accordo?
«Il nostro matrimonio è solido. Ogni scelta viene discussa in famiglia. Non prendo decisioni da cowboy, soprattutto per fare il sindaco».

Se il Pd lavora al suo candidato a sindaco di Firenze, lei domenica ha accolto il vicepremier Matteo Salvini agli Uffizi...
«È una normale procedura. L'ho salutato con piacere. Penso che sia sempre importante che i politici, di destra o di sinistra, cerchino la cultura. Immaginiamo un mondo senza che la politica riconosca la giusta importanza al patrimonio artistico...».

Il sindaco Nardella non è venuto alla firma della sua cittadinanza italiana, ma non era dovuto. Poco cortese?
«Penso che un sindaco abbia tanti impegni. Anche io, come direttore, vorrei essere sempre presente ad accogliere i visitatori, ma non ci riesco. Quest'anno poi sarebbe stato molto difficile visto abbiamo registrato cifre record...»

Ci dia qualche numero in anticipo allora.
«Abbiamo superato i dati del 2019 e del 2022 di 4 milioni. La stima è di chiudere il 2023 superando i 5 milioni, con un po' di fortuna arriviamo a 5,3 milioni».

Quando lei è arrivato nel 2015 era lo strano tedesco che scippava gli Uffizi ai direttori italiani. Poi è diventato quasi più famoso di Nardella tanto che la gente si voleva fare i selfie con lei.
«Non mi risulta neanche che Nardella sia famoso»

Amore e odio, appunto. Comunque la sua è una grande popolarità. Secondo lei perché?
«Me lo dicono gli stessi fiorentini, per le tante iniziative che abbiamo messo in campo, tra accoglienza e valorizzazione. Per strada mi fermano, mi stringono la mano, ringraziano oppure criticano. Anche sulla questione della candidatura a sindaco, molti mi incoraggiano...»

Le sue più grandi soddisfazioni agli Uffizi?
«Tante. La digitalizzazione: ora siamo leader sui canali social per contenuti scientifici, multimediale e comunicazione. Poi penso alle nuove sale aperte e alle tecnologie utilizzate per la sicurezza delle opere...Se ne sono accorti gli attivisti che non sono riusciti ad incollare i manifesti sul vetro della Primavera di Botticelli».

Ha rimpianti?
«Non essere riuscito ad inaugurare quest'anno il Corridoio Vasariano per i 30 anni dalla strage di via dei Georgofili del 1993. Lo slittiamo al prossimo anno»

È la sua eredità per il 2024?
«Sì. Stiamo lavorando per l'inaugurazione del prossimo 27 maggio. Sarà una nuova esperienza di visita. Un luogo pieno di luce, con finestre riaperte che raccontano panorami inediti di Firenze, ma anche un luogo della memoria della città».

Lei è candidato al Museo Capodimonte a Napoli ora.
«Napoli mi affascina. Capodimonte è un'istituzione straordinaria per la collezione, una delle più importanti d'Italia. Sarebbe una prospettiva stimolante lavorare lì. Ma mi rimetto alla valutazione della commissione e del ministro Sangiuliano». E ora si ordina un altro caffè.

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