Patto di stabilità, Fitto: «Senza un accordo l'Italia corre dei rischi»

Il ministro: i vecchi vincoli un problema, la flessibilità sull’uso dei fondi ci ha aiutato

Patto di stabilità, Fitto: «Senza un accordo l'Italia corre dei rischi»
di Gabriele Rosana
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Mercoledì 23 Agosto 2023, 07:53 - Ultimo aggiornamento: 24 Agosto, 09:00

«Senza un accordo sulla riforma del Patto di stabilità e crescita l'Italia rischia», ma, intanto, una boccata d'ossigeno per il nostro Paese potrà arrivare «dalla flessibilità nell'uso dei fondi Ue». Raffaele Fitto, ministro per gli Affari Ue, le politiche di coesione, il Sud e il Pnrr non usa mezzi termini per descrivere il senso della partita europea che attende l'Italia alla ripresa della stagione politica Ue.

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E che si presenta densa d'insidie, soprattutto perché il tempo per mettere a punto un'intesa sulla disciplina Ue sui conti pubblici stringe e l'Europa si dimostra ancora divisa.

Intervenendo, ieri, dal Meeting di Rimini, Fitto ha ricordato che, in assenza di un'intesa sul futuro del Patto, «a gennaio potrebbero tornare le vecchie regole, e questo comporterebbe un effetto molto complesso» per il nostro Paese. «Siamo reduci da un po' di anni in cui abbiamo dimenticato il convitato di pietra, il Patto di stabilità, che però sta per tornare». Dal 1° gennaio 2024, infatti, la clausola di salvaguardia generale che ne ha sospeso i vincoli durante la pandemia e poi con l'inizio della guerra russa in Ucraina sarà disattivata.

I PALETTI

Se a diventare operativi saranno i paletti rigidi della vecchia disciplina, oppure quelli nuovi adesso al centro del negoziato tra i Ventisette - dopo che la Commissione ha presentato la bozza di revisione a fine aprile -, dipenderà dall'evoluzione delle trattative tra gli Stati membri. Il calendario prevede un confronto sulla riforma durante la riunione informale dei ministri delle Finanze di metà settembre a Santiago di Compostela, con l'obiettivo di tirare le somme al successivo Consiglio Ecofin di ottobre in Lussemburgo. Ed passare poi la palla al summit dei leader di fine mese. Le parole del ministro per gli Affari Ue - che ha criticato «le scelte fatte» negli scorsi anni, visto che «la situazione di drammatica crisi poteva essere usata meglio dal punto di vista degli investimenti», anziché finire in spesa corrente - rincarano la dose quanto al timore espresso il giorno prima, sempre da Rimini, dal titolare dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Il leghista s'era augurato che «a livello europeo si capisca il senso del tempo», ribadendo i contorni della battaglia italiana a Bruxelles: «Che gli investimenti siano trattati meglio della spesa corrente». Scomputati, cioè, dal calcolo del debito: una linea, tuttavia, finora non sposata dalla Commissione nella revisione del Patto che, invece, definisce una cornice simile a quella del Recovery Plan per negoziare tra capitali nazionali e Bruxelles i piani di rientro del debito su un orizzonte di quattro o sette anni, e propone l'obbligo di aggiustamenti di bilancio dello 0,5% all'anno per quei Paesi il cui deficit supera la soglia massima del 3% del Pil (quello italiano nel 2024 dovrebbe essere del 3,7%).

I TERMINI

Il governo Meloni, da parte sua, si prepara a un autunno caldo in cui dovrà metter mano alla sua seconda manovra finanziaria, che andrà inviata all'esecutivo Ue entro il 15 ottobre, e selezionare, a fronte di una coperta troppo corta, gli interventi prioritari. Per Fitto, «un aiuto potrà arrivare dalla flessibilità nell'uso dei fondi Ue», dal Pnrr alla coesione, tema caro all'Italia e che è stata benedetta anche dalle conclusioni degli scorsi summit Ue, come strumento per appianare le disparità di partenza nella competizione con Paesi con margini fiscali ben più ampi come la Germania: «La flessibilità può essere una soluzione nell'immediato anche per spendere in modo più adeguato le grandi risorse di fronte a cui ci troviamo», ha aggiunto Fitto. A proposito di Pnrr, il ministro che è responsabile del dialogo serrato con l'Ue ha ricordato - intervenendo nel pomeriggio da Viareggio - che «è sì un'occasione», ma anche che «parliamo di oltre 150 miliardi di euro che prendiamo a debito» e che richiedono un «supplemento di attenzione, perché sono risorse che impegnano le future generazioni». Dopo l'ok ai 18,5 miliardi della terza rata e alle modifiche della quarta e l'inclusione di RePowerEU - il capitolo che «mobilita circa 20 miliardi per affrontare nodi rilevanti come l'efficientamento energetico e il rafforzamento delle reti elettriche» -, l'obiettivo del governo è ricevere «entro ottobre il terzo pagamento e entro fine anno il quarto». Ma l'invito è a «evitare polemiche. Non stiamo facendo una gara sui 100 metri, ma una maratona».

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