​Migranti, la Nato in campo per stabilizzare l'Africa: «Aiuteremo la Ue contro i trafficanti. Allarma l’ombra di Mosca»

La missione del governo Usa a Tunisi. E da Bruxelles arriverà un maxi-prestito

Migranti, la Nato in campo per stabilizzare l'Africa: «Aiuteremo la Ue contro i trafficanti. Allarma l ombra di Mosca»
di Francesco Bechis
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Mercoledì 22 Marzo 2023, 00:08 - Ultimo aggiornamento: 11:35

Tra i sei e i nove mesi, poi la bancarotta. È la roadmap che attende la Tunisia di Kais Saied se non si riuscirà a sbloccare il prestito da 1,9 miliardi di euro congelato nelle casse del Fondo monetario internazionale. Traffici di esseri umani, criminalità e terrorismo: con uno Stato al collasso, la spirale di instabilità tunisina può colpire l’Europa. Uno scenario che adesso preoccupa anche la Nato. «Sosteniamo l’Unione europea nella sua azione contro l’immigrazione illegale - ha detto ieri il Segretario generale Jens Stoltenberg - lavoriamo con partner come Mauritania e Tunisia per rafforzare la loro capacità e dunque la loro stabilità».

Un crollo dello Stato tunisino, è il messaggio lanciato ieri dall’Alleanza atlantica, pone un enorme problema di sicurezza per il Vecchio continente.

Spiega Stoltenberg: «Abbiamo visto l’aumento della presenza russa in Africa e questo dimostra che la Nato non ha il lusso di poter scegliere su quali fronti concentrarsi, deve essere attiva a 360 gradi». Cresce dunque l’apprensione per il dossier tunisino. Da parte della Nato e del suo primo azionista, gli Stati Uniti. Ieri a Tunisi è arrivata in missione la sottosegretaria di Stato per il Vicino oriente Barbara Leaf. È stata in Libia, ora ha in agenda due giorni di incontri con le agenzie economiche di Saied per capire se ci sono gli estremi per il corposo finanziamento del Fmi, è prevista una telefonata con la Farnesina. Per l’Italia il default della Tunisia sarebbe «un problema enorme», ha detto ieri al Senato la premier Giorgia Meloni. La ragione è spiegata nelle stime abbozzate in questi giorni in ambienti diplomatici: sulle coste italiane nel giro di un anno potrebbero riversarsi quasi 200mila migranti. Ecco perché per il governo italiano convincere l’amministrazione Biden a sbloccare il prestito miliardario è la priorità numero uno. Con il Dipartimento di Stato americano c’è un canale aperto h24, anche ieri il segretario di Stato Antony Blinken e il ministro degli Esteri Antonio Tajani hanno avuto contatti. Sarà tuttavia una trattativa in salita. Non è un segnale incoraggiante il taglio dei fondi del Dipartimento di Stato per l’assistenza al governo tunisino: per il 2024 sono stati stanziati solo 68 milioni di dollari, la metà di quelli richiesti da Saied. Gli americani vogliono garanzie: un piano di riforme sostenibili, lo stop alla repressione contro giornalisti e oppositori, così come l’allentamento dei rapporti con la Russia. Nel frattempo l’economia tunisina è a un passo dal baratro. Il governo non riesce più ad assicurare i pagamenti interni e a sostenere l’aumento del caro-vita. I prezzi di riso, olio e pane sono alle stelle, l’erosione delle riserve di valuta estera attraverso i prelievi per i servizi di pagamento del debito fanno traballare la bilancia dei pagamenti, ha avvisato Moody’s che ha declassato il rating sovrano tunisino da “Caa1” a “Caa2” con outlook negativo, la diciottesima posizione su venti. Un altro gradino in giù e la bancarotta sarà realtà. 

Le trattative

In attesa di un segnale dalla Casa Bianca, a Roma si guarda anche al fronte europeo. All’indomani del Consiglio affari esteri che ha visto Tajani portare il dossier tunisino a Bruxelles, il muro comunitario inizia a mostrare le prime crepe. Si discute infatti in queste ore di un prestito della Commissione europea al governo tunisino da 900 milioni di euro, diviso in tre tranche da 300 milioni l’una. Un piano che potrebbe rientrare nel menù del Consiglio europeo cui domani parteciperà Meloni, anche se per il momento non è in agenda. Manca però l’unanimità tra i Paesi membri Ue, divisi tra chi come l’Italia chiede di abbassare i toni con Tunisi e inviare i fondi e chi invece ritiene improponibile un finanziamento miliardario a un regime autoritario. Nei dispacci tra Roma e Bruxelles, sono continui gli appelli italiani ad evitare toni “paternalistici” verso il governo Saied così come a salvare i programmi di collaborazione economica in essere con il Paese nordafricano, a partire dal partenariato strategico con l’Ue. Il clima resta tesissimo. Il monito dell’Alto rappresentante Josep Borrell sulla «situazione molto pericolosa» in Tunisia si è trasformato in un boomerang. «Solo esagerazioni», hanno tuonato ieri di rimando dal governo tunisino, «la storia dimostra la forte resilienza del nostro popolo». Un muro contro muro che rischia di rinviare a data da destinarsi la missione a Tunisi del Commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni. E accorcia i chilometri che separano lo Stato tunisino dal suo fallimento finanziario. 

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