Migranti, Meloni e il messaggio a Scholz: «Gli Stati bandiera siano responsabili per le Ong»

La chiamata con von der Leyen: «Siamo d’accordo, agire subito»

Migranti, Meloni: «Non possiamo attendere inermi il prossimo naufragio. Italia ha carte in regola per recitare ruolo da protagonista»
di Francesco Malfetano
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Martedì 21 Marzo 2023, 11:57 - Ultimo aggiornamento: 22 Marzo, 00:08

 Concretezza. Sul dossier migranti per Giorgia Meloni la parola d’ordine è sempre la stessa. L’immigrazione del resto, «è il primo banco di prova dell’Europa». E quindi, inevitabilmente, anche la ricetta italiana che la premier proporrà al Consiglio Ue di domani e venerdì non cambia affatto rispetto all’ultimo incontro di febbraio: «Contrastare con forza i trafficanti di essere umani», «fermare le partenze» come unico possibile intervento per limitare i movimenti secondari, «aumentare i rimpatri» e «coinvolgere gli Stati di bandiera» delle Ong durante le operazioni di soccorso. Tant’è che ieri, quando Meloni ha preso la parola a palazzo Madama per le dichiarazioni che precedono la riunione dei Ventisette, la premier è tornata a sottolineare la necessità di un’azione comune e immediata nel mar Mediterraneo. «Non possiamo attendere oltre - ha detto - non possiamo attendere inermi il prossimo naufragio, le frontiere marittime dell’Italia sono frontiere dell’Europa e l’Europa è chiamata a difendere quelle frontiere». Una stoccata che - al di là degli artifici retorici e politici con cui vengono e verranno redatte le conclusioni del vertice Ue - concretamente sta a significare che l’Italia chiederà a Bruxelles soprattutto «lo stanziamento di risorse adeguate» per fermare le partenze, «come fu fatto anni fa con gli accordi siglati con la Turchia». Un’attenzione necessaria per «creare nei Paesi di partenza alternative concrete alle migrazioni in termini di formazione, lavoro e sviluppo economico». Perché, a dispetto di quanto «colpevolmente trascurato» fino ad oggi dalla Ue, «prima di ogni ipotetico diritto a emigrare, ogni essere umano ha diritto a non essere costretto a farlo». Il caso lampante è quello della Tunisia, da cui oggi parte la maggioranza dei migranti. «C’è un problema enorme legato all’instabilità della Tunisia» ha spiegato Meloni. Il riferimento è al possibile default «che non si riesce ad affrontare perché il Fmi, che aveva avviato una trattativa per sostenerla, l’ha bloccata». Questione per cui la premier si sta spendendo in lungo e in largo - specie a Washington - e che senza dubbio porterà anche sul tavolo di Bruxelles. 


I VENTISETTE

Un passo in avanti tutt’altro che scontato.

Per quanto la lettera della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen di lunedì vada nella «giusta direzione» infatti, il rischio di tornare a mani relativamente vuote dalla missione europea è abbastanza elevato. Ed è per questo che l’Italia non chiederà solo nuovi stanziamenti, ma anche un maggiore coinvolgimento dei singoli Paesi. La premier, che nel pomeriggio ha avuto una conversazione telefonica con l’omologo greco Kyriakos Mitsotakis e con la stessa von der Leyen ha concordato sulla necessità di un’azione Ue, fa riferimento al «principio del coinvolgimento degli stati di bandiera delle navi Ong nelle operazioni Sar, che non devono più gravare solo sugli stati di approdo». Ovvero i Paesi che finanziano le Ong, come la Germania, «devono assumersi le responsabilità che il diritto del mare assegna loro». Al Senato Meloni, strappando una standing ovation degli eletti di centrodestra, torna poi a difendere anche l’operato dell’esecutivo, della Guardia Costiera e delle forze dell’ordine durante il naufragio di Cutro. Sul punto però si condensa ancora una volta lo scontro con le opposizioni. «La mia coscienza è completamente a posto - ha attaccato la premier - spero che sia a posto anche la coscienza di chi usa le morti di povera gente per fare propaganda». E ancora, in una dura replica alla senatrice dem Tatiana Rojc che aveva citato il “so ma non ho le prove” di Pier Paolo Pasolini rispetto alle supposte negligenze nei soccorsi, Meloni ha chiosato: «Il governo, me, le scelte che facciamo, i provvedimenti, le nostre eventuali mancanze ma, vi prego, fermatevi un secondo prima di danneggiare l’Italia, perché questo fa la differenza». Un invito non recepito dalle opposizioni che, proprio ieri, con un’inedita formazione compatta che va da Terzo Polo a Sinistra Italiana-Verdi, hanno presentato una richiesta di accesso agli atti rivolta alla premier e ai ministri Matteo Piantedosi e Matteo Salvini, e al Centro nazionale di Coordinamento del soccorso in mare. «Chiediamo di avere informazioni su quanto accaduto perché non si ripeta» ha spiegato la capogruppo dem alla Camera Deborah Serracchiani.

 

GLI ALTRI PUNTI

Oltre al rinnovo del sostegno a Kiev, tra le «priorità» indicate da Meloni in vista del Consiglio Ue, ci sono anche la riforma del Patto di stabilità e crescita da realizzare «entro il 2023» («Le nuove regole devono sostenere investimenti pubblici. Il tempo dell’austerità è finito»), e «il percorso verso una economia verde». Un obiettivo che secondo la premier deve essere sostenibile dal punto di vista sociale ed economico: «Per questo ci opponiamo a proposte come il regolamento sulle emissioni dell’anidride carbonica delle auto» e alle norme sull’efficientamento energetico degli immobili. «Si traducono in una penalizzazione dei nostri cittadini e delle nostre imprese - ha concluso Meloni - rischiando di sottoporci ad altre dipendenze energetiche». 

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