In Italia il Mes ha una cattiva fama, forse non del tutto meritata. Nel senso comune è collegato alla troika che piombò in Grecia durante la crisi del debito sovrano. E che impose manovre lacrime e sangue per tenere il paese nell'euro. Il primo compito del Mes, insomma, è quello di un fondo "salva-Stati". Ma fino ad oggi nessun Paese ha chiesto il suo aiuto che, comunque, sarebbe subordinato all'accettazione di un programma di riforme da rispettare. Per questo, con la riforma del 2018, quella a cui Roma ha appena detto no, la sua missione è stata allargata dal salvataggio dei Paesi a quello delle banche. Il Mes però, interverrebbe solo dopo il meccanismo di risoluzione unico: si tratta di una sorta di "cassa comune" per aiutare gli istituti bancari in crisi nell'Eurozona. Questa "cassa comune" viene finanziata dai contributi del settore bancario. Se i soldi non sono sufficienti e la crisi della banca può mettere a repentaglio la stabilità finanziaria del Paese, allora interviene il Mes. Si tratta di due dei tre pilastri dell'Unione bancaria. Il terzo, al quale si oppone fermamente la Germania, è la garanzia comune sui depositi. Dunque l'Italia è l'ultimo tra i 20 Paesi dell'Eurozona a mancare all'appello - della riforma del Mes. Il no, tuttavia, non smantella l'impianto del Meccanismo europeo di stabilità, organizzazione intergovernativa con sede in Lussemburgo. Ma impedisce l'entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2024 delle novità introdotte dalla revisione del trattato, a cominciare dal "backstop", ossia proprio quel paracadute finanziario pensato per contenere i rischi di contagio in caso di crisi bancarie.
La funzione
Resta insomma la funzione fondamentale di garantire la stabilità della zona euro, prestando, a precise condizioni, assistenza finanziaria ai Paesi membri in difficoltà. Ma, appunto, alla dimensione di fondo salva-Stati, erede della crisi della zona euro e del salvataggio della Grecia, il nuovo trattato, come detto, ha aggiunto quella di fondo salva-banche. La linea di credito paracadute erogata eventualmente dal Mes riformato, può arrivare fino a un massimo di 68 miliardi, e andrebbe poi rimborsata dalle banche.Gli attuali accordi bilaterali di "backstop" con gli Stati scadono tra meno di dieci giorni; per questo i vertici dell'Ue e dello stesso Mes hanno indicato a più ripresa nella fine di quest'anno il termine ultimo per completare il processo di ratifica. Orizzonte che adesso sfuma ma - è bene precisare - non c'è nessuna scadenza formale per portare a termine la procedura, che può arrivare anche dopo questa data. Ed è proprio alla possibilità di una intesa futura che, al netto del rammarico per la fumata nera di ieri, guarda per esempio il presidente dell'Eurogruppo, l'irlandese Pascal Donohoe.
Finché la riforma non entrerà in vigore l'organismo, spiegano dal Mes, funzionerà entro i perimetri dell'attuale trattato, quindi senza la novità del "backstop". In totale, il Mes ha un capitale sottoscritto di oltre 700 miliardi (che possono essere potenzialmente raccolti sul mercato emettendo obbligazioni), ma solo 80 sono stati materialmente versati dai Paesi membri. L'Italia, in particolare, ha sottoscritto il capitale del Mes per 125,3 miliardi, versandone oltre 14 (sono quelli che adesso il vicepremier Matteo Salvini vorrebbe ricevere indietro); un livello che piazza il nostro Paese, alle spalle di Germania e Francia, nella "top 3" dei contribuenti. La capacità di prestito massima del Meccanismo ammonta a 500 miliardi.