Il ritorno di Mario Draghi in Ue? «È una buona notizia», «presumo che possa avere un occhio di riguardo per la nostra Nazione». Le Europee? «Non sono avvezza a fare accordi con la sinistra». Il Superbonus grillino? «Ha finanziato la campagna elettorale di Conte, vale sei manovre». Giorgia Meloni è un fiume in piena. Si confessa nel salotto di Bruno Vespa la premier italiana, ospite del programma “Cinque minuti” su Rai uno. Sospira pensando a una vita privata «che al momento non c’è, c’è solo il tempo per quel che deve essere fatto». La finanziaria, il negoziato in salita sul nuovo Patto di Stabilità, le riforme istituzionali e il caos migranti, la tassa sugli extraprofitti delle banche che si può rivedere in Parlamento ma «solo a parità di gettito».
IL RITORNO
È una lunga lista. Impegni e promesse appese anche ai rapporti del governo conservatore con la Commissione europea ormai a fine mandato e con la sua presidente Ursula von der Leyen, in cerca di un secondo. Chissà che il ritorno in campo di “Super Mario” Draghi non possa aiutare a oliare il canale tra Roma e Bruxelles. Non tutti ne sono convinti. Ha i suoi dubbi Matteo Salvini e per questo ieri il leader della Lega ha scelto di non commentare la notizia. «Non la considero un’iniziativa contro di noi, è uno degli italiani più autorevoli», spiega invece Meloni.
IL NODO DEI CONTI
Intanto la premier mette testa ai dossier più urgenti. Da un lato i respingimenti dei migranti secondari da parte di Francia e Germania. «Un po’ me l’aspettavo, anche noi qualche tempo fa abbiamo comunicato ai nostri partner che non potevamo più riaccoglierli automaticamente». Dall’altro lato c’è la manovra d’autunno, il vero cruccio del governo. Priorità a «redditi bassi, famiglie, sanità, pensioni», dice a Vespa. Idee chiare. Diverso è metterle in pratica, mentre è partita la caccia ai fondi tra avanzi di spesa, risparmi e revisione del deficit. Meloni non ha dubbi su quale sia il vero ostacolo di una manovra che si preannuncia molto più austera del previsto. «I bonus edilizi voluti dal governo Conte sono costati 140 miliardi, sono state impiegate da 4 a 6 leggi finanziarie per il Superbonus», attacca. Soldi «tolti alla sanità, alle pensioni e alle persone più in difficoltà per la campagna elettorale di Conte». È la linea impartita da Palazzo Chigi alla maggioranza nei giorni scorsi: attaccare la misura bandiera di Conte e dei Cinque Stelle che zavorra la legge di bilancio. «Il superbonus è costato a ogni italiano, inclusi i neonati, 2.000 euro per ristrutturare il 4 per cento del patrimonio edilizio, compresi castelli», rincara Meloni. C’è poi un altro nodo da sciogliere: la tassa sugli extraprofitti delle banche che Forza Italia chiede di rivedere. «Rivendico il provvedimento che non aveva alcun intento punitivo, ma non faccio marcia indietro», mette a verbale Meloni, «possiamo valutare correttivi ma solo a parità di gettito». Tajani ringrazia: «Parole importanti, daremo il nostro contributo». Governare è anche l’arte del compromesso. «Il governo è la prova del nove di tutto quello che hai raccontato», riflette Meloni in tv. «Devi dimostrare che non prendi in giro la gente. Ma allo stesso tempo è entusiasmante».