Intercettazioni, stretta sui nomi: sarà vietato trascrivere i dati dei soggetti non indagati. Sì all'emendamento di FI

In arrivo anche uno stop all’acquisizione delle conversazioni tra accusato e difensore

Intercettazioni, stretta sui nomi: sarà vietato trascrivere i dati dei soggetti non indagati. Sì all'emendamento di FI
di Andrea Bulleri
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Venerdì 12 Gennaio 2024, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 11:26

Pezzo dopo pezzo, prende forma la svolta garantista annunciata dal Guardasigilli Carlo Nordio e benedetta dal centrodestra (con l’aggiunta di Italia viva). L’ultimo capitolo, approvato ieri in commissione Giustizia al Senato, riguarda le intercettazioni. Con il primo sì a quella che una parte delle opposizioni, Pd e M5S in prima fila, già bollano come una nuova «legge bavaglio», mentre per il centrodestra si tratta di una «norma di civiltà». Ossia: il divieto di trascrivere, nelle conversazioni intercettate, i «dati» di persone estranee ai fatti per i quali si indaga. Tradotto: qualora durante una conversazione tra indagati saltasse fuori un nome terzo «diverso dalle parti», nella trascrizione che finirà agli atti del processo quel nome non dovrà più essere riconoscibile. 

«BASTA FANGO»
Lo prevede un emendamento al ddl Nordio a prima firma del capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia Pierantonio Zanettin, approvato ieri mattina dopo il parere favorevole del governo, con il sì della maggioranza più quello di Italia viva.

Di fatto, il nuovo testo fa divieto agli agenti di polizia giudiziaria di trascrivere nelle conversazioni intercettate accluse ai faldoni del procedimento «dati che consentono di identificare soggetti diversi dalle parti». Anche se, chiarisce lo stesso Zanettin, i brogliacci completi originari resteranno comunque a disposizione delle difese: la differenza rispetto al passato è che non potranno finire agli atti del processo, e dunque in nessun caso potranno essere pubblicati sui giornali. «Scriviamo una volta per tutte la parola fine sulla pratica barbara di sbattere in prima pagina nomi di persone che non c’entrano niente con le indagini e che, per caso o sfortuna, finiscono coinvolte e travolte dalla macchina del fango», esulta l’azzurro Maurizio Gasparri. 

Per la verità l’emendamento originario di Zanettin, riformulato dall’esecutivo, era ancora più netto, prevedendo di escludere «in ogni caso» i «nominativi di persone estranee alle indagini, alle quali è garantito l’anonimato». Nella versione passata in commissione, invece, si parla genericamente di «dati», anche se – assicurano dalla maggioranza – la sostanza non cambia: «Dalle trascrizioni delle intercettazioni non trapeleranno più nomi estranei». 

Va all’attacco l’opposizione, che cita il recente caso dell’inchiesta Verdini (nella quale, pur non essendo indagato né coinvolto nell’inchiesta, viene citato in una conversazione il ministro dei Trasporti Matteo Salvini): «Un favore ai colletti bianchi e alle reti criminali», affondano i Cinquestelle. Contrario anche il Pd perché così «viene meno la pubblicità del processo, principio sacrosanto in uno stato liberale». I dem però incassano il parere favorevole del governo a un emendamento di Alfredo Bazoli, che punta a far sì che l’interrogatorio di chi è sottoposto a indagini preliminari sia «documentato integralmente». E si astengono sulla proposta della leghista Erika Stefani, che introduce ulteriori indicazioni sull’avviso di garanzia a tutela dell’indagato. 
Alle critiche delle opposizioni replica Giulia Bongiorno, presidente leghista della commissione Giustizia, secondo la quale si fa «grande confusione»: il ddl Nordio, spiega Bongiorno, già prevedeva una tutela per i non indagati, vietando la trascrizione di «espressioni che consentono di identificare soggetti diversi dalle parti». L’emendamento Zanettin, parlando di soli «dati» (e non più di generiche «espressioni»), di fatto per Bongiorno «limita la portata del divieto». 

Polemiche che – è facile prevedere – riprenderanno mercoledì, quando salvo sorprese arriverà l’ok a un altro emendamento del forzista Zanettin: quello che vieta di acquisire le conversazioni di un indagato col suo difensore, «salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato». FI puntava alla distruzione delle conversazioni, ma anche questo testo è stato limato (e le trascrizioni resteranno disponibili, ma non utilizzabili).

GLI ALTRI FRONTI
Quello delle intercettazioni, in ogni caso, non è l’unico fronte aperto al Senato sul tema toghe: nei prossimi giorni potrebbe arrivare infatti il sì della maggioranza ai test psicoattitudinali per i giudici. Un tema che già aveva fatto saltare sul piede di guerra le opposizioni, e che dovrebbe entrare nei decreti attuativi della riforma Cartabia. Annunciato il sì dei forzisti, e pure quello della Lega. 

Intanto, ieri al Senato è andato in scena anche il question time al ministro Nordio sul caso Pozzolo-Delmastro. Con Matteo Renzi tornato a chiedere le dimissioni del sottosegretario alla Giustizia: «È evidente che sulla vicenda di Capodanno (il colpo di pistola sparato dall’arma del deputato di FdI) qualcuno sta mentendo agli italiani», l’affondo del leader di Iv. Replica Nordio: «Mi inchino al segreto istruttorio: sono in corso indagini e sarebbe improprio se dovessi rivelare delle cose che comunque non so. Se un domani emergessero ricostruzioni adeguate e obiettive dalla magistratura – conclude il Guardasigilli–, sarei il primo a riferirle». 
 

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