Scontro governo-toghe sulle inchieste, Palazzo Chigi in trincea: «Non pieghiamo la testa»

Corte dei conti, procure, stampa: l’esecutivo teme l’accerchiamento

Scontro governo-toghe sulle inchieste, Palazzo Chigi in trincea: «Non pieghiamo la testa»
di Francesco Malfetano
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Venerdì 7 Luglio 2023, 06:45 - Ultimo aggiornamento: 8 Luglio, 08:16

ROMA «Non pieghiamo la testa». A suonare la carica è Giorgia Meloni. Ai suoi, riuniti in un gabinetto ristretto nel pomeriggio, la premier infatti prima non nasconde qualche patema per una situazione che rischia di diventare esplosiva per il suo governo, ma poi - nella lettura offerta dai alcuni dei suoi fedelissimi - sottolinea come questa tensione in realtà dimostri anche «la giusta direzione intrapresa». Tant'è che l'iniziale «stupore» di palazzo Chigi per il doppio affondo dei magistrati (l'affaire Santanché e il caso Delmastro) cambia rapidamente forma e, a sera, tramuta ventiquattro ore di scontri in «una giornata epica».

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L'affondo nei confronti della magistratura affidato alle agenzie, sembra infatti in qualche modo "stappare" la situazione, rinvigorendo la volontà di un esecutivo che iniziava a percepirsi accerchiato. «Meccanismi di questo genere non ci intimoriscono» racconta però chi, gomito a gomito, sta gestendo la "crisi" assieme alla premier. «Forse parliamo di una serie di coincidenze ma se le sommiamo sembra evidente che ci sia un quadro più articolato».

L'ACCERCHIAMENTO

Senza troppi giri di parole quindi, ai vertici del governo non ci si limita a definire «inconsuete» le azioni intraprese dai magistrati nei confronti della ministra del Turismo e del sottosegretario alla Giustizia, ma si allarga lo sguardo anche ad altri passaggi clou delle scorse settimane. Ad accrescere la sensazione di un accerchiamento di una certa parte del Paese nei confronti di palazzo Chigi non sono solo le azioni «intimidatorie» della corte dei conti denunciate dal ministro Raffaele Fitto rispetto al Piano nazionale di ripresa e resilienza o la vicenda della vendita a Lufhtansa della compagnia di bandiera Ita Airways («Un magistrato il giorno prima di andare in pensione ha messo a rischio l'accordo»), ma soprattutto le «imboscate mediatiche» costruite «contro un'imprenditrice» attraverso le pagine di giornali proprietà di imprenditori che «proprio non possono fare la morale a nessuno».

FRATELLI D'ITALIA

Sotto assedio in pratica, la squadra governativa di Fratelli d'Italia fa quadrato, addirittura provando a isolarsi a tratti dal resto del governo.

Al punto che Meloni, forse solo per evitare clamore eccessivo, in un consiglio dei Ministri che coincide con le ore più calde della «giornata epica» evita finanche di citare le vicende che vedono protagonisti Santanché e Delmastro.


Fratelli d'Italia, spiega un ministro particolarmente avvezzo ad immagini vivide, sente «l'odore del sangue». Al punto che se la ministra secondo qualcuno iniziava sul serio ad apparire in bilico anche agli occhi della colonna romana del suo partito (a quanto risulta via della Scrofa nelle scorse settimane avrebbe chiesto una verifica informale alla procura di Milano sull'indagine, bypassando di fatto gli avvocati della ministra), oggi ne esce rafforzata. Oggi è impensabile infatti per Meloni mettere in discussione due pedine del suo scacchiere. «Squadra che vince non si cambia» dice la premier. Non tanto perché rischierebbe di rafforzare le opposizioni, dice uno dei colonnelli del partito della premier, quanto perché si fida «totalmente dei suoi» e non si ritiene che al momento vi sia «nulla di concreto» nelle mani di chi muove le accuse. «Se iniziamo con le dimissioni quando c'è un avviso di garanzia - conclude il veterano di FdI - in due mesi faranno in modo che non esista più il governo».

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