ROMA Se il premierato è la «madre di tutte le riforme», per la destra al governo le Europee di giugno sono «la madre di tutte le elezioni». Giorgia Meloni ha messo la faccia sulla prima. E intende farlo anche sulla seconda. Una candidatura da capolista, in tutte e cinque le circoscrizioni. Il motto è presto servito: votate Giorgia, «per un'Italia e un'Europa più forte».
Europee, Meloni tentata
Ci pensa da tempo la premier e si è ripromessa di rompere gli indugi entro un mese o poco più: sotto l'albero di Natale di Palazzo Chigi, quando la campagna avrà già scaldato i motori, potrebbero spuntare i primi depliant.
PRO E CONTRO
Sui "pro" si sono già espressi i primi sondaggi privati commissionati da Palazzo Chigi: un tour della premier in lungo e in largo per lo Stivale darebbe uno slancio non indifferente a FdI, che continua a veleggiare al primo posto nelle rilevazioni settimanali, oltre il 28 per cento. E i contro? Non mancano. Il primo è politico e rimbalza nelle chiacchierate dei Fratelli al governo. Suona così: «Vediamo come superiamo l'inverno...».
La manovra, i conti con l'Ue, le turbolenze all'estero e le riforme in casa. Se il nuovo anno dovesse aprirsi con qualche fibrillazione in maggioranza, la scommessa elettorale di Meloni alle europee potrebbe innescare reazioni. Ad esempio, spingere il leader della Lega Matteo Salvini a fare altrettanto. Una spirale che la premier, di suo, preferirebbe evitare. Il secondo è invece un dubbio tecnico. Un possibile, paradossale cortocircuito: una candidatura da capolista di "Giorgia", la prima donna premier, potrebbe ostacolare l'elezione delle altre donne pronte a correre con FdI. Perché? Il cavillo è nelle regole europee per la presentazione delle liste. Che richiedono da un lato la composizione paritaria fra donne e uomini, al 50 per cento, e dall'altro l'alternanza in lista: se il capolista è una donna, il secondo deve essere un uomo. Sicché c'è il rischio, ragionano i meloniani a Bruxelles, che la candidatura della leader favorisca i "Fratelli" maschi al secondo posto e molto meno le candidate in terza posizione. Quisquilie, si dirà, eppure presenti nei caminetti della maggioranza che già studiano le urne europee.
Al governo minimizzano, «è presto», ma qualcosa si muove. Mercoledì, per dire, Lollobrigida si è ritrovato assediato alla buvette della Camera da un drappello di onorevoli: dal Dc Lorenzo Cesa al senatore di Noi Moderati Antonio De Poli. Al centro del consulto in Transatlantico le strategie per candidare l'ala moderata che fa capo a Maurizio Lupi. Magari con una lista unica italiana dei "Popolari" insieme a Forza Italia. «Aiuterebbe a puntellare FI - spiega un dirigente vicino alla premier - è la prima campagna senza Berlusconi e per noi la tenuta dei forzisti è questione vitale».
Per la tattica, questo sì, c'è ancora tempo. Così come per scegliere gli alleati con cui tentare la conquista delle istituzioni europee. Tra le questioni in sospeso dei meloniani a Bruxelles, una è più ingombrante delle altre: da mesi Viktor Orban, il filorusso premier ungherese, bussa alla porta dei Conservatori di "Giorgia" e chiede un posto per Fidesz, il suo partito. La porta però è rimasta serrata e così resterà.