Stop del Pd al tavolo di Conte: nel tavolo ci sia il Mes

Stop del Pd al tavolo di Conte: nel tavolo ci sia il Mes
di Marco Conti
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Sabato 6 Giugno 2020, 00:18 - Ultimo aggiornamento: 7 Giugno, 00:27

«Rischiamo di creare aspettative che poi faticheremo a gestire. Come pensi in tre giorni di mettere in fila una serie di proposte serie?». Dario Franceschini, capodelegazione dem, esprime tutti dubbi del Pd sulla convocazione degli Stati generali dell’economia annunciati tre giorni fa in diretta tv dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

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Il PESO
Alla riunione a distanza partecipano oltre al premier e al ministro della Cultura, anche i ministri Gualtieri, Fraccaro, Patuanelli e Bellanova. Le sottosegretarie Cecilia Guerra e Laura Castelli sostituiscono per Leu il ministro Speranza e per il M5S il ministro Bonafede

Conte avvia la riunione facendo il punto sulla trattativa sul “Recovery fund” e poi passa a come intende organizzare la kermesse che dovrebbe iniziare giovedì a Villa Pamphili nella sede di rappresentanza dello Stato italiano. «Dobbiamo condividere con tutti il nostro Recovery plan», ripete il premier». Il ministro dell’Economia, anch’egli scettico sull’iniziativa, lascia la parola al capodelegazione. Franceschini ci va giù pesante, anche perché Conte non ha informato nessuno, e chiede al premier quali siano almeno le linee che si intendono presentare a imprenditori, sindacati, start-up, ingegneri, architetti. Ovvero a tutta quella platea di associazioni e «menti brillanti» che Conte intende chiamare a raccolta. Meglio rallentare, per Franceschini, o quanto meno lavorare per mettere nero su bianco delle linee generali dentro le quali organizzare le audizioni non solo delle parti sociali, sindacati e Confindustria, ma anche dei vari esperti. Sulla linea del Pd anche la renziana Bellanova secondo la quale c’è il rischio che gli Stati generali si trasformino in «un’inutile passarella». «Qui abbiamo solo un titolo, riempiamolo di contenuti», ha sostenuto la ministra renziana. A difesa della proposta Conte si schierano i 5S Fraccaro e Castelli, mentre il ministro Patuanelli cerca una mediazione elencando una serie di problemi concreti che a suo giudizio potrebbero costituire l’ossatura del “Recovery”.

Senza contare, e a ricordarlo provvede il titolare dell’Economia, che tra qualche settimana si dovrà elaborare il Pnr, il Piano Nazionale di Riforma, che poi confluisce nel Documento di Economia e Finanza. In buona sostanza tra Pnr, piano-Colao e Recovery fund, si rischia di non capirci nulla. Soprattutto il Pd non intende lasciare a Conte l’intera gestione politica della montagna di miliardi che, sotto forma di prestito (90) e a fondo perduto (80), arriveranno da Bruxelles. Ad aggiungere tensione c’è anche il nodo del Mes. Il Pd intende inserire nel “Piano di Ricostruzione” anche i 40 miliardi del meccanismo europeo di stabilità, ma i 5S fanno muro e l’ala movimentista si è fatta sentire riportando su piazza anche Alessandro Di Battista. Alla fine nella riunione non si è riusciti ad affrontare il nodo dell’ex Ilva che potrebbe essere oggetto di un incontro in programma per oggi. Ma anche sul destino del polo siderurgico di Taranto, come di Autostrade, le posizioni sono distanti e Conte si muove con estrema cautela per evitare spaccature nel M5S. 

IL TIMORE
Il problema è che l’estrema lentezza del governo ha iniziato ad innervosire i dem. Nicola Zingaretti esclude governi alternativi all’attuale, ma chiede al presidente del Consiglio di accelerare. Il timore è di ritrovarsi in autunno senza una strategia concreta in grado di arginare la crisi economica e le piazze che riempirà parte dell’opposizione. E’ per questo che i dem vorrebbero prima concordare e poi mettere nero su bianco le linee guida del “Piano di Ricostruzione” in modo da andare al confronto con qualcoso di concreto. Conte ha invece capovolto il metodo trovando sponde negli esponenti del M5S presenti alla riunione i quali si schierano a difesa del premier anche perché temono che l’ala movimentista del Movimento possa alla fine presentare il conto non al Pd, ma proprio a Conte. Tentazione crescente, secondo alcuni, da quando ha iniziato a circolare che Conte avrebbe l’intenzione - smentite anche ieri - di fare un proprio partito che di fatto svuoterebbe il M5S.

Un groviglio di sospetti e tensioni che però è senza sbocco, visti che alle elezioni nessuno vuole andare. Ciò non toglier che gli Stati generali annunciati da Conte rischiano di partire azzoppati. Privi di un calendario, forse anche della location qualora si dovesse rinunciare a villa Doria Pamphili, ma non della passerella rossa che c’è anche a palazzo Chigi.

 

 

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