Bonus giovani, Franceschini: «Legarlo all’Isee crea disparità tra i ragazzi»

L’ex ministro: «Cambiarlo stravolge il valore educativo, deve restare per tutti»

Bonus 18enni, Franceschini: «Legarlo all’Isee crea disparità tra i ragazzi»
di Alberto Gentili
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Giovedì 22 Dicembre 2022, 00:13 - Ultimo aggiornamento: 07:56

Senatore Franceschini, la maggioranza festeggia: sostiene che nel mondo della cultura è finita la sua era. Cosa risponde?
«Non esiste nessuna era. Ho semplicemente servito il mio Paese per sette anni come ministro della Cultura. E vado orgoglioso del fatto che gran parte delle norme e delle riforme portate in Parlamento sono state votate o da maggioranze più ampie di quelle di governo o addirittura all’unanimità».

Bonus giovani, il doppio premio: 500 euro per Isee sotto i 35mila euro e per chi prende 100 alla Maturità


Con la legge di bilancio il centrodestra cambia la 18app, la sua creatura più amata...
«Il maxi emendamento alla manovra di bilancio assesta un duro colpo ai settori culturali, del tutto assenti nella politica economica del governo, e compromette il bonus cultura per i diciottenni introducendo spiacevoli differenziazioni tra i ragazzi.

Il governo, che adesso scarica le responsabilità sui gruppi parlamentari, snatura irresponsabilmente una misura che ha funzionato e che è stata riconosciuta a livello internazionale come un modello da seguire: il Pass Culture in Francia, il Bono Cultural Joven in Spagna, o il KulturPass in Germania si sono apertamente ispirati alla nostra 18app, ed iniziative analoghe sono allo studio in molti altri Paesi. La 18app ha rappresentato un fondamentale impulso ai consumi culturali delle nuove generazioni nel nostro Paese: dal 2016 al 2022 ne hanno beneficiato quasi 2,5 milioni di giovani, per un valore complessivo di quasi 1,1 miliardi di euro in sette anni, spesi in libri, musica, teatro, danza, cinema, musei e parchi archeologici».


Perché boccia il tetto Isee a 35mila euro e il doppio bonus per chi si diploma con 100 su 100?
«Ridurre la platea dei beneficiari, inserire barriere di reddito, vuol dire stravolgere il valore educativo e simbolico dello strumento e tradirne lo spirito. Il bonus cultura deve restare universale, il suo messaggio è senza limiti di censo o istruzione: con 18app lo Stato saluta l’ingresso nella maggiore età dei suoi cittadini riconoscendo un diritto alla fruizione culturale, come leva di emancipazione ed autonomia».


Dunque?
«Dunque questa misura andrebbe rafforzata, non certo utilizzata per far cassa e finanziare interventi a pioggia. Da ministro della Cultura sono stato promotore insieme a numerosi colleghi di una riflessione a livello comunitario per l’adozione di una card unica per i giovani europei, utilizzabile in tutto il continente, a prescindere dallo Stato di provenienza. Riprendiamo piuttosto quel percorso».


Qualcosa però non ha funzionato.
«Non è vero. Nella difficile stagione della pandemia, segnata da drammatiche conseguenze per il sistema economico e dalla contrazione della dimensione sociale e aggregativa, questa misura universale si è dimostrata un sostegno significativo alle filiere della cultura e della creatività. E non è un caso che, proprio in queste ore, studenti e associazioni di categoria siano uniti contro questi ingiustificabili tagli».


Ci sono però state anche frodi...
«La scusa delle frodi non tiene. Gli abusi hanno riguardato solo una piccola percentuale, il 2.36 per cento delle risorse impegnate, secondo i dati della stessa Guardia di Finanza che ha lavorato egregiamente e siglato un protocollo di intesa con il ministero della Cultura, esempio di collaborazione nello scambio di informazioni e nel rafforzamento dei controlli. Se il problema fosse stato la corretta applicazione, il governo avrebbe potuto introdurre correttivi e rafforzare i controlli. Niente di tutto questo è stato fatto a dimostrazione che l’intento è unicamente quello di cambiare, anche misure efficaci, solo per segnare discontinuità politica. Ma la vera discontinuità è che con questa manovra, per la prima volta dopo anni di crescita, il bilancio del ministero della Cultura torna a segnare valori negativi».


La maggioranza ha accolto l’emendamento di Orfini con cui si finanzia l’indennità di discontinuità per i lavoratori dello spettacolo. Il suo giudizio?
«E’ molto positivo. I lavoratori dello spettacolo sono stati per troppi anni privi di welfare e protezioni, condannati a una precarietà totale alla faccia del loro talento. Nella scorsa legislatura abbiano introdotto molte norme attese da anni, tra cui l’indennità di discontinuità che offre un reddito a chi, tra un periodo di lavoro e un altro, ne resta completamente privo. Serviva la copertura finanziaria che il governo non aveva trovato. Per fortuna ci ha pensato il Pd».

 

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