«Forse me la godo per l'ultima volta. L'ho detto l'anno scorso annunciando il tour e ora lo ribadisco. Non significa che ho intenzione di ritirarmi. È che a 71 anni oggi ci sei e domani non ci sei più». Sono le 18 quando Vasco Rossi si palesa finalmente nel sottopancia dello Stadio Dall'Ara di Bologna, scortato dalla corte adorante composta da manager, ufficio stampa, promoter. Il saluto che aveva promesso ai giornalisti in occasione della partenza ufficiale del suo nuovo tour negli stadi dalla «sua» Bologna, dopo la data zero di venerdì a Rimini, ieri si è trasformato in una sorta di mini lezione di vascologia durante la quale ha raccontato come vede il Paese dal suo osservatorio: «Apro i concerti di quest'anno con Dillo alla luna: dico ai fan di guardare in faccia la realtà: i politici, tutti, ci raccontano le favole e ci dicono che va tutto bene perché pensano solo al consenso. Non fanno l'interesse del Paese», dice.
L'ARMOCROMISTA
Lo ribadirà, durante il concerto, davanti ai 40 mila spettatori della prima bolognese, sulle note di T'immagini: «Meloni, Berlusconi, Salvini? Raccontano favole. Ma anche i comunisti e i Cinque Stelle». E ancora: «Se vado anch'io dall'armocromista come Elly Schlein? No, io mi faccio vestire dalla mia Laura (la moglie, ndr). La narrazione dell'Italia come grande paese? Bizzarra: l'Italia nel mondo non conta un ca... È una grazia se siamo in Europa». Lui, spiega, continua a fare quello che fa da anni a questa parte, girare lo stivale cercando di «portare gioia» (a Bologna non manca di omaggiare l'Emilia-Romagna «ferita» dall'alluvione, «ma orgogliosa e fiera»), perché «la musica può commuovere, coinvolgere, provocare e io resto un provocatore che mantiene le coscienze sveglie». Stavolta il rocker di Zocca ha ritoccato leggermente la scaletta rispolverando - accanto a classici imprescindibili come Vita spericolata, Siamo solo noi, Albachiara - brani che non suonava da dieci, venti o trent'anni.
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