«È da ieri che leggo articoli su articoli dedicati a Toto Cutugno, nei quali il mio amico viene - giustamente, dico io - celebrato come un gigante della canzone italiana nel mondo. Ma perché voi critici non avete scritto queste cose quando Toto era ancora in vita? Perché lo ricordate solo ora che non c’è più?», si infervora, dall’altra parte del telefono, Pupo, vero nome Enzo Ghinazzi, all’indomani della scomparsa della voce de L’italiano.
Ieri si è commosso in diretta in tv intervenendo come ospite a La vita in diretta estate, ricordando Toto Cutugno: cosa la legava a lui?
«Un rapporto sincero di amicizia e di stima reciproca.
Cosa è successo lo scorso anno?
«Toto, che stava male da un po’, ha cominciato ad evitare di prendere aerei e di fare show in giro per il mondo. Era stanco. Io da ieri sono distrutto. Negli ultimi quarant’anni abbiamo condiviso di tutto. Pure le fidanzate».
Cioè?
«Avevamo entrambi un grande fascino sulle donne. Lui era alto e moro: l’italiano vero, appunto. Io ero il “Pupo”, il bambino vero (ride)».
Andrà ai funerali domani a Milano?
«Sì. Ma con un po’ di rabbia».
Nei confronti di chi?
«Di quei critici che ci hanno sempre trattati come cantautori di serie b: non ci consideravano alla stregua di De Gregori e Vasco Rossi. Mi perdoni, ma cos’hanno le canzoni di De Gregori o di Vasco Rossi in più rispetto alle nostre?».
La critica rimproverava a Toto Cutugno un’eccessiva ruffianeria, parlando di brani come L’italiano, Le mamme e Figli.
«E non sa quanto soffriva Toto per le cattiverie che scrivevano nei suoi confronti. Era frustrato. Aveva quella frustrazione tipica delle persone di talento che non si sentono sufficientemente apprezzate e stimate. Io non mi sento meno colto di un Ivano Fossati o di un Francesco De Gregori. E non lo era neppure Toto. Andrebbero messi dei puntini sulle “i”».
Cosa intende dire?
«La distinzione tra cantautori di serie a e cantautori di serie b è dovuta anche all’atteggiamento dell’intellighenzia radical-chic nostrana. La sinistra, che è sempre stata la detentrice della cultura in Italia, ha sempre avuto una supponenza e una spocchia incomprensibili. Un atteggiamento che infatti ha portato alla sua sconfitta».
Perché Toto, e come lui anche lei, Al Bano, i Ricchi e Poveri e altri, piaceva tanto al pubblico dell’est Europa?
«Perché scriveva canzoni che rappresentavano il prototipo della canzone italiana, alla faccia di quelli che ci hanno sempre snobbati. Dalla Russia, dove insieme partecipammo alla reunion di Al Bano e Romina, mi arrivano da due giorni messaggi su messaggi di amici, colleghi e addetti ai lavori. Per loro le canzoni italiane nel mondo sono L’italiano e Su di noi, non quelle di De Gregori e Fossati».
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