Prada Cup, Patrizio Bertelli e Luna Rossa non temono i Challenger che li dividono da Emirates Team New Zealand

Luna Rossa © COR 36 | Studio Borlenghi
di Francesca Lodigiani
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Giovedì 14 Gennaio 2021, 02:23 - Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 11:12

Patrizio Bertelli, anima, finanza, passione e cuore di Luna Rossa e della 36° America’s Cup, presente nella Hall of Fame dell’America’s Cup, da oltre 20 anni protagonista di questo universo,  causa pandemia non può essere a Auckland per la Prada Cup, il suo trofeo che sostituisce  la Louis Vuitton Cup, quello che tra il 1983  e il 2017  fu alzato al cielo dal  vincitore delle selezioni tra challenger, il più forte, colui che avrebbe affrontato il Defender nella vera e propria Coppa America.  A volte vincendo, a volte no.

 

Dal 1983  l’America’s Cup ha cambiato mano 6 volte ed ora è tornata a Auckland in una Nuova Zelanda Covid free dove ci si “assembla”, ci si abbraccia e si gira senza mascherina.

Lo sottolinea il patron di Prada  che apre alle 22 italiane di mercoledì 13 gennaio 2021, le 10 del mattino di giovedì 14 in Nuova Zelanda,  la Conferenza stampa inaugurale della Prada Cup ricordando  a chi è  down under quanto sia fortunato. Bertelli, dalla Toscana, parla via Zoom, come i rappresentanti della stampa da mezzo mondo.

Sceglie  di farlo in italiano con traduzione simultanea in inglese. Ripercorre i passi che l’hanno portato ad essere non solo sponsor, insieme a Pirelli, di Luna Rossa, il Suo team,  ma anche della Coppa, che per la prima volta nella storia unisce al nome America’s Cup (dalla goletta America vincitrice nel 1851, non dal continente)  le parole  “presented by Prada”.   Si tingono infatti  di rosso Prada  le boe del percorso;  il nome e la silhouette  della nuova coppa appaiono  nella parte alta della vela principale dei challenger;  si è colorata  di rosso e mostra la scritta Prada persino la sottile  torre a fungo che caratterizza Auckland.

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Bertelli racconta di esser entrato così pesantemente in gioco per salvare il vecchio trofeo che stava prendendo uno strano indirizzo diventando padronale. Lui crede in una  America’s Cup che abbia  vincitori, non  padroni. Quanto alle nuove barche volanti, gli AC75, oggi le apprezza,  le trova mezzi sofisticati, barche fantastiche sia da vedere e che in mare ed è convinto che  inaugurino una nuova era della vela che da qua a 10 anni avrà investito non solo il mondo delle regate, ma anche della crociera.  

 

E’ fiero del suo team? Certo che sì e secondo lui   i tre challenger sono a un livello simile, ma solo da venerdì, con l’inizio dei Round Robin, si capirà. Anzi si attende sorprese Bertelli, crede, che ci saranno  differenze di performance a seconda delle condizioni meteo, e alla domanda se andrà in Nuova Zelanda se Luna Rossa vincerà la Prada Cup, al di là degli scongiuri,  Patrizio Bertelli sorride e non si espone,  lascia tutte le opzioni aperte. Ma ci tiene a  sottolineare, piuttosto che  la frustrazione di non poter essere con i suoi in Nuova Zelanda, come sia importante,  riflettendo  su cosa sta accadendo in Europa e in America, che questa Coppa si disputi  con sportività. Anzi fa proprio un appello in questo senso. Ricorda poi, e ne è fiero, di come Luna Rossa abbia formato uno stile di forti velisti italiani apprezzati in tutto il mondo e come abbia favorito un’industria italiana di primo livello, citando imprese come Fraschini, Persico, Cariboni. Un processo iniziato col Moro di Venezia di Raul Gardini, ma che Luna Rossa ha esploso e consolidato.

Il cuore della conferenza stampa è l’intervento di Patrizio Berteli. Gli skipper di Luna Rossa Prada Pirelli, American Magic e Ineos Team UK sono palpabilmente tesi, impazienti di chiudere. Finiti allenamenti, tattiche, supposizioni,  ora infatti inizia la guerra sull’acqua dalla quale, tra poco più di un mese, non ne sarà rimasto che uno. Dagli allenamenti di lunedì e martedì è emerso che  gli inglesi di Sir Ben Ainsle sembrano aver risolto i  propri problemi e, secondo le parole di Sir Ben, si sentono forti specie con vento medio e forte. Per Max Sirena l’evoluzione degli scafi sarà e dovrà essere costante. Come dire che chi si ferma è perduto. Tutti d’altronde scontano, causa Covid, la poca sperimentazioni di questo nuovo tipo di barche e il poco allenamento. Insomma, sarà una lunga, ansiogena  maratona marina i cui esiti  potranno modificarsi e invertirsi  fino all’ultimo. 

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