Paola Pitagora: «Ieri una ribelle oggi una svampita serena. Le foto per playboy? Non avevo un soldo e c'era l'affitto da pagare»

Il ritorno in tv. Da domani sera su Canale 5 sarà tra i protagonisti di Luce dei tuoi occhi

Paola Pitagora: «Ieri una ribelle oggi una svampita serena. Le foto per playboy? Non avevo un soldo e c'era l'affitto da pagare»
di Gloria Satta
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Martedì 11 Aprile 2023, 07:12 - Ultimo aggiornamento: 07:14

Paola Pitagora torna in tv: da domani sera su Canale 5 sarà tra i protagonisti di Luce dei tuoi occhi - seconda stagione, la serie thriller-mélo diretta da Fabrizio Costa e ambientata a Vicenza dove la coreografa Anna Valle sta per sposare il prof Giuseppe Zeno ed è ancora in cerca della figlia scomparsa 16 anni prima. Pitagora interpreta Paola, la madre ex étoile di Anna e dirige, con carisma e piglio deciso, la scuola di danza che fa da sfondo alla storia. Radicata nell'immaginario collettivo per il ruolo di Lucia Mondella interpretato nel 1967 nel mitico sceneggiato Rai I Promessi sposi, l'attrice ha alle spalle una grande carriera divisa tra cinema, teatro, tv: ha girato film come La dolce vita, I pugni in tasca, portato in scena al Sistina il musical Ciao Rudy con Mastroianni, fatto tanto teatro, scritto canzoni. E vissuto negli anni '60 un burrascoso amore con il pittore Renato Mambor nella Roma scapigliata dei grandi artisti. Oggi, a 81 anni, una figlia di 44 e un nipotino di 5, Paola ha sempre l'energia e la voglia di mettersi in gioco.

Cosa ha reso per lei irrinunciabile "Luce dei tuoi occhi"?
«A parte la validità della serie, già nella prima stagione mi era piaciuta l'idea che, dopo lo shock del lockdown, le passeggiate sui terrazzi condominiali, i tamponi e il panico, finalmente si tornava a lavorare».

Quanto la rispecchia il suo personaggio?
«Paola è una donna tormentata, indipendente, attenta al prossimo, capace di gestire da sola la scuola di ballo: con una così, io vado a nozze».

Continua a scarseggiare il lavoro per le attrici mature?
«Sì, almeno in Italia.

Ma io, senza sgomitare, faccio tv, cinema, teatro. Sto per iniziare un film: sarò per la prima volta una svampita in viaggio con altre tre babbione svalvolate interpretate da Valeria Fabrizi, Giuliana Lojodice e Gigliola Cinquetti. Divertentissimo».

A luglio approderà ai Giardini della Filarmonica con il monologo "Ho amato tutto" in cui è diretta da sua figlia Evita Ciri. Tra voi volano scintille?
«Ora va liscia anche se all'inizio c'è stata un po' di tensione. Pure il produttore era preoccupato, ma alla fine non è corso il sangue. Evita ha un carattere tosto».

L'ha preso da lei?
«No, io sono mite e duttile, mi piace farmi governare».

Ma come, non viene definita immancabilmente ribelle?
«Si tratta di un cliché che mi è stato appioppato ai tempi dei Promessi sposi perché, pur interpretando Lucia, non mi facevo fotografare in chiesa con il rosario in mano. Il regista Sandro Bolchi e i capi Rai non volevano una piagnona sottomessa ma una ragazza dignitosa, lavoratrice, incapace di sottostare ai capricci del padrone. Moderna».

 

Ha finito per odiare quel personaggio che tutti associano a lei?
«Scherziamo? Ho un bellissimo ricordo di Lucia e tra l'altro Bolchi era un regista che amava gli attori, non tutti sono così. I Promessi sposi mi ha dato semmai una popolarità enorme a cui non ero preparata».

Al punto che mandò in crisi il suo rapporto con Mambor?
«Quando feci Lucia stavamo insieme da 10 anni e lui era abituato a considerarmi una ragazza da proteggere. Il mio successo lo destabilizzò e se ne andò in America».

È vero che, dopo averlo sorpreso a letto con un'altra, lei gettò dalla finestra il materasso?
«Sì, ero tornata all'improvviso... Ho imparato che non bisogna mai fare sorprese (ride, ndr)».

Come ricorda la Roma dei '60?
«Sono stati anni esaltanti, squattrinati, liberi. Mentre facevo il mio percorso di attrice frequentavo con Mambor personaggi come Kounellis, Pascali, Tacchi, Boetti, Schifano, Angeli. Tutti artisti assoluti, rigorosi».

Quale considera il suo successo più grande?
«La vittoria allo Zecchino d'oro 1962 di La giacca rotta, una canzone che avevo scritto tenendo in braccio il mio fratellino Marco».

Un treno che ha perso?
«Mollai il set di Jean-Luc Godard che voleva solo farmi stare nuda dentro un armadio. Ogni volta che sono stata considerata perché ero una bella ragazza ho provato disagio. Ma non mi pento di quel rifiuto».

E di aver posato per "Playboy" si è pentita?
«Macché. Avevo 40 anni, un'età in cui all'epoca le attrici finivano al museo delle cere. Quel servizio fu una mossa promozionale per dire che ero ancora viva. In più non avevo un soldo e c'era l'affitto da pagare».

Ha dei rimpianti?
«Non aver approfondito lo studio della musica. Ho dedicato troppo tempo alla mia vita sentimentale non sempre gioiosa. Sono stata a lungo dipendente dall'approvazione di un uomo. Una grande cazzata».

E ora?
«Da anni sono single. Mi è costato 7 anni di analisi, ma ne valeva la pena. Sto vivendo la stagione più serena della mia vita».
 

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