Mogol, così nacquero i miti di Battisti: «"Il mio canto libero" lo scrissi dopo la separazione. "E penso a te" sul sedile di una seicento»

Questa sera al Castello di Santa Severa l'autore racconterà i retroscena delle indimenticabili canzoni accompagnato dal cantante Gianmarco Carroccia

Mogol, così nacquero i miti di Battisti: «"Il mio canto libero" lo scrissi dopo la separazione. "E penso a te" sul sedile di una seicento»
di Mattia Marzi
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Mercoledì 3 Agosto 2022, 07:33 - Ultimo aggiornamento: 4 Agosto, 18:07

E penso a te: «La scrissi sul sedile posteriore di una Seicento. Battisti era seduto accanto al guidatore e suonava la melodia con la sua chitarra».
La canzone del sole: «Descrissi un amore infantile. Lei si chiamava Titti, aveva 6 anni e abitava a meno di un metro da casa mia. Io avevo 5 anni ed ero perdutamente innamorato di lei. La canzone parlava di un incontro che in verità non c'è mai stato con una Titti ormai adulta, partendo però dal ricordo di com'era da piccola».
Emozioni: «La prima parte la buttai giù tra le mura dello studio che avevo nella mia casa nel mezzo della campagna brianzola. La seconda la scrissi guidando in autostrada, sforzandomi di ricordare la melodia e le parole, senza carta, penna e registratore».
Oltre a essere l'autore più importante della storia della musica leggera italiana (le canzoni firmate da lui hanno venduto nel mondo la bellezza di 523 milioni di copie), Giulio Rapetti Mogol lo pseudonimo che scelse nel 1959 è diventato nel 2007 parte integrante del suo nome e cognome ne è di conseguenza anche memoria storica. A 85 anni a ogni canzone associa il ricordo nitido e preciso di quando la scrisse.
Questa sera al Castello di Santa Severa, a Santa Marinella, l'autore guai a chiamarlo paroliere: «È chi fa la settimana enigmistica», dice lui, stizzito racconterà le storie e i retroscena delle indimenticabili canzoni scritte insieme a quello che per una vita è stato a tutti gli effetti il suo alter-ego: Lucio Battisti. A interpretarle ci penserà, accompagnato da un'orchestra di sedici elementi, il cantante Gianmarco Carroccia.


Lo ricorda anche fisicamente. Dove l'ha trovato?
«È stato lui a trovare me.

Aveva fatto un corso per interpreti al Cet».


Il Centro Europeo Tuscolano, la scuola di musica da lei fondata nel 1992 nel comune di Avigliano Umbro, nei pressi di Terni.
«Si iscrivono così tanti ragazzi che lui me l'ero proprio dimenticato. Anni dopo venni contattato per partecipare come ospite a una sua serata, durante la quale avrebbe reinterpretato le canzoni mie e di Lucio. Il pubblico restò a bocca aperta. E così io».

 


Cosa la colpì?
«Intanto la somiglianza. Impressionante. Anche nel modo di cantare. E poi la precisione con la quale interpretava le canzoni. È stato lui a propormi di fare questi spettacoli insieme, mischiando musica e racconti».


La canzone più cantata, durante queste serate?
«Difficile dirlo: i brani scritti insieme a Lucio sono tutti considerati dei veri e propri classici della canzone italiana. A naso, comunque, direi Il mio canto libero. Incredibile come un testo che raccontava un periodo delicato della mia vita abbia unito così tante persone, negli anni».


A cosa si riferisce?
«La scrissi dopo essermi separato dalla mia prima moglie, Serenella. Era il 1972. All'epoca separarsi era una colpa sia per la Chiesa che per la società. Io e la mia nuova compagna (la poetessa e pittrice Gabriella Marazzi, alla quale fu legato per sette anni, ndr) ci trovammo isolati. Ma il nostro amore era più forte: In un mondo che non ci vuole più / il mio canto libero sei tu. E il sentimento che ci univa volava sulle accuse della gente, sorretto solamente da un anelito di vero amore. Ci incontravamo clandestinamente in un mulino in mezzo al bosco, quello citato nella seconda parte della canzone».


La signora Grazia Letizia Veronese, vedova di Lucio Battisti, che negli anni si è opposta più volte a qualsiasi mercificazione a scopo di lucro dell'opera del marito, ha protestato?
«No. Da parte della famiglia non c'è stata alcuna comunicazione. D'altronde le canzoni portano anche la mia firma».


Castello di Santa Severa, SS1 Via Aurelia km 52,600. Stasera, ore 21
 

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