«Sento l'esitazione - scrive Nevo - che anche loro devono provare prima di chiedere come sto quando in Israele c'è una guerra. Esitazione che deriva dal fatto che posso sforzarmi disperatamente di immaginare cosa prova chi vive in Italia adesso. Ma non posso capirlo fino in fondo. Se potessi, inviterei tutti i miei amici italiani a rifugiarsi in casa mia. Perché no? Apriremmo il divano letto. Rimedieremmo qualche materasso. Ci arrangeremmo. Ma da ieri è diventato impossibile: anche le porte del mio Paese si sono chiuse per gli ospiti.
Anche qui le strade sono vuote, e tristi».
«In questi ultimi anni - racconta l'autore di Tre piani - l'Italia è diventata la mia seconda casa. Mi sono innamorato della lingua, della musica, della bellezza, e soprattutto delle persone, della loro passione per la vita. Quando mi trovo in Italia, sono più emotivo. Più aperto. Più felice. Adesso guardo le foto di Milano, vedo piazza Duomo deserta, e mi si stringe il cuore. Mi scrivo con gli amici laggiù, preoccupati più per i loro genitori che per sé stessi, e mi salgono le lacrime agli occhi.«Sono preoccupato per i miei amici italiani. Molto
preoccupato. Ma - sottolinea - non sono preoccupato per l'Italia: è più coraggiosa di qualunque minaccia. Più forte di qualunque virus. E alla fine di ogni dedalo di viuzze anguste - ormai l'ho imparato - si sbuca sempre in una piazza, dove si può respirare a pieni polmoni».
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