De Gregori e Venditti, il concerto finale a Roma: «Per anni non ci siamo parlati, ora abbiamo messo da parte il nostro ego smisurato»

Quello della loro agenzia, di bilancio, parla di 400 mila biglietti venduti per un totale di 86 date

De Gregori e Venditti, il concerto finale a Roma: «Per anni non ci siamo parlati, ora abbiamo messo da parte il nostro ego smisurato»
di Mattia Marzi
4 Minuti di Lettura
Venerdì 22 Dicembre 2023, 09:11 - Ultimo aggiornamento: 10:47

E bomba o non bomba sono tornati a Roma. Per un gran finale, come si legge nei cartelloni pubblicitari che la loro agenzia ha fatto affiggere in giro per la città per promuovere il concerto di domani sera al Palazzo dello Sport, l'ultimo del tour, che più che un addio somiglia a un arrivederci. I primi a non credere a quella scritta sono proprio loro, Antonello e Francesco. «Peccato finisca domani sera, anche se non si può mai dire. Anche questa cosa di chiamarlo gran finale potrebbe essere uno scherzo tipo quelli che ogni tanto ci facciamo in scena. E poi gli artisti, si sa, sono sempre un po' bugiardi», sorride Venditti.

I SENATORI

«Non sono stanco. Anzi, la prospettiva di riprendere i miei progetti da solo mi sembra un po' strana. Ma vedremo. Magari prima o poi», conferma De Gregori, che però ha già programmato i suoi impegni discografici per il 2024, con il singolo inedito Giusto o sbagliato, di prossima pubblicazione, che secondo indiscrezioni prelude a un album dalle atmosfere orchestrali (sarebbe il primo del Principe, colpito lo scorso luglio dal lutto della perdita della moglie Alessandra "Chicca" Gobbi, ad essere composto da canzoni originali dopo Sulla strada del 2012). Si vedrà, dunque. Certo è che stavolta i due senatori della canzone romana - 74 anni il primo, 72 il secondo - non si lasceranno come s'erano lasciati nel 1973, dopo il debutto congiunto con l'album Theorius Campus, tra frecciatine e commenti al vetriolo: fu con quella virtuale stretta di mano sul palco dello Stadio Olimpico, lo scorso anno, che ricucirono un rapporto che oggi definiscono fraterno, sfaldatosi all'epoca per incomprensioni mai del tutto chiarite.

IL BILANCIO

«Non ci eravamo mai persi di vista: ci controllavamo a distanza», dice Antonello. E Francesco, tracciando un bilancio di questa esperienza che fan e appassionati attendevano da cinquant'anni, aggiunge: «Le nostre due voci, incomparabilmente diverse, sono state capaci di creare insieme un suono nuovo, "terzo". Questo magari non era scontato all'inizio, ma è successo». Quello della loro agenzia, di bilancio, parla di 400 mila biglietti venduti per un totale di 86 date: praticamente un blockbuster che ha fatto dei due cognomi dei cantautori legati da una congiunzione un brand vincente.

LE TENSIONI

Pazienza se quello di domani sera sul palco del palasport dell'Eur sarà il quattordicesimo concerto nella Capitale in un anno e mezzo, dopo l'Olimpico, i teatri e gli anfiteatri: questa storia non poteva che concludersi qui, in quella "Roma Capoccia der mondo infame" che Venditti ha ritratto magnificamente e visceralmente nei suoi inni e che anche De Gregori, dopo aver dribblato per anni le celebrazioni, alla fine si è ritrovato a cantare in maniera meravigliosa e poetica in quel capolavoro che è Per le strade di Roma. Mai nessuna tensione in questi mesi, giurano: «Oddio, magari un paio di volte, ma per motivi diciamo "tecnici" - racconta Venditti - quando abbiamo tirato la monetina per decidere l'ordine dei nomi in cartellone abbiamo messo in cantina il nostro ego smisurato e siamo diventati una macchina musicale unica. L'intesa con Francesco sera dopo sera è diventata sempre più palpabile». Lo si percepisce anche ascoltando il disco dal vivo Il concerto appena arrivato nei negozi, registrato magnificamente durante le diverse tappe del tour, che annoda per sempre in una trama immortale ricordi emozionanti e melodie condivise: «Non credo che sia solo il souvenir di una bella stagione, ma una fotografia della nostra storia sempre in divenire», riflette De Gregori.

LE CANZONI

Guardarli - e ascoltarli - scambiarsi e spartirsi le rispettive hit sul palco, con La donna cannone e Sempre e per sempre che diventano ultra-vendittiane e Peppino o Modena che diventano sorprendentemente degregoriane, commuove: «Abbiamo maneggiato sera dopo sera delle canzoni incredibili, con un gruppo di musicisti che oltre alla professionalità ci ha messo dentro "la pelle e il cuore" - aggiunge il Principe, citando "Cicalone" Venditti, così come lo chiamavano ai tempi del Folkstudio per via della parlantina - se pensi che la più vecchia di queste canzoni è del 1970 e le ultime solo di qualche anno fa, ti rendi conto di come la musica che abbiamo scritto abbia attraversato in maniera indelebile la storia del nostro paese, e le biografie delle persone che sono venute ad ascoltarle e a cantare con noi.
Posso dire con un po' d'orgoglio che questa musica è musica di oggi, ed è musica italiana. Questa musica ci appartiene e noi apparteniamo a questa musica».

© RIPRODUZIONE RISERVATA