Le ultime tribù del mondo

Le ultime tribù del mondo
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Sabato 4 Ottobre 2014, 06:08
L'ESPOSIZIONE
LONDRA
Fotografare le popolazioni tribali per quello che sono: bellissime. Cercando di catturare con l'obiettivo la loro purezza morale, la loro eleganza guerriera e la loro autenticità, messe a repentaglio dall'avanzare del progresso. È questa l'inspirazione che ha dato vita al progetto “Before They Pass Away”, letteralmente “prima che vengano a mancare”, portato avanti dal fotografo britannico Jimmy Nelson, il quale dopo aver visitato 35 tribù di tutto il mondo è giunto alla conclusione che la purezza dell'umanità esiste e si trova sulle montagne, nei ghiacciai, nella giungla, lungo i fiumi e nelle valli.
Fotografando queste persone nello stile patinato che di solito viene riservato alle modelle e agli attori, con i suoi ritratti epici Nelson ha tentato di mettere il suo soggetto su un piedistallo e di prendere le distanze dall'approccio paternalistico che ha caratterizzato fino ad ora i progetti fotografici sulle popolazioni tribali. «Il mio sogno è sempre stato di preservare le tribù del mondo attraverso la fotografia», spiega il fotografo, aggiungendo che non si può evitare che il cambiamento avvenga, ma si può «creare un documento visivo che ricordi a noi e alle generazioni dopo di noi la bellezza e la purezza della vita onesta».
LE CRITICHE
Un punto di vista che però ha fatto infuriare le associazioni che si occupano della protezione delle popolazioni tribali. Secondo Survival International la scomparsa di queste tribù viene presentata dal libro come un fatto ineluttabile e non, come a loro avviso è, il risultato voluto di politiche aggressive da parte dei governi e delle grandi aziende.
Inoltre sono state ravvisate alcune inesattezze nel modo in cui i soggetti sono stati rappresentati: ad esempio alcune ragazze dell'Ecuador sono state fotografate con addosso solo una foglia di fico, mentre di solito le donne della loro tribù, le Waorani, indossano degli abiti e, nelle generazioni precedenti, si nascondevano le pudenda con del filo.
Qualcuno ha poi protestato per aver trovato la propria tribù d'origine erroneamente descritta come «i più temibili cacciatori di teste di Papua», mentre i Maori se la sono presa per essersi visti bollare come «in via di sparizione». Un indiano amazzonico, Nixiwaka Yawanawá, è andato personalmente a protestare davanti alla galleria londinese Atlas, dove le foto saranno esposte fino al 16 novembre, dicendo «in quanto persona tribale» si sente «offeso» dal lavoro del fotografo, definito «oltraggioso».
Yawanawà ha dichiarato che gli autori del libro, che costa 128 euro nell'edizione normale e 6.500 in quella da collezione, «stanno facendo soldi dicendo che i popoli tribali stanno venendo a mancare».
Accuse pesanti, alle quali Nelson ha risposto ribadendo l'entusiasmo con cui il progetto è stato accolto in ogni angolo del pianeta e come questa energia stia «creando un enorme slancio per la condivisione futura di conoscenza e idee». L'ostracismo di Survival International è incomprensibile secondo il fotografo, visto che le 402 foto hanno come «principale obiettivo quello di mantenere la tradizione tribale in vita affinché noi possiamo imparare da essa».
GLI SCATTI
Ripercorrendo il progetto, nato nel 2009, Nelson osserva che «solo quando uno viene spogliato dalla ricchezza, dalla classe sociale, dal colore e dalle disparità culturali, la vera comunicazione umanistica può iniziare a scorrere». Inizialmente, racconta, le popolazioni erano riluttanti a farsi fotografare e per questo, insieme alla sua squadra, ha sempre passato giornate intere sul luogo prima di iniziare a scattare, dormendo con le tribù e sfidando condizioni estreme come quelle trovate in Mongolia, dove le sue dita stavano per congelarsi a -20 gradi. «Le tribù sono tutte molto simili nel modo in cui vivono in equilibrio con l'ambiente», spiega Nelson, aggiungendo che «hanno raggiunto quella perfetta armonia con la natura a cui tutti in Occidente aspiriamo». Un aspetto, questo, che ha cercato di catturare nelle sue foto, che però raffigurano soprattutto il lato fiero e guerriero delle popolazioni tribali. «Voglio che queste tribù capiscano che nel loro stile di vita c'è molta più purezza e bellezza che nel nostro, poiché non conoscono corruzione né avidità», spiega. Le prime tribù sono state scelte in base alla «bellezza estetica, della localizzazione geografica e della diversità della natura in cui vivono» e ora il progetto, su queste linee, andrà avanti.
Cristina Marconi
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