Il Moderno non riapre e guida la battaglia sui ristori

Il Moderno non riapre e guida la battaglia sui ristori
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Sabato 13 Marzo 2021, 05:01
IL CASO
Il Teatro Moderno non riaprirà il 27 marzo. Se la data resterà quella che è stata ipotizzata dal governo di Mario Draghi per la riapertura di teatri e cinema, che lo spazio vicino all'oratorio resti chiuso è la prima certezza. Discorso zona rossa a parte, anche se ci fossero condizioni ottimali, «potremo pensare di riaprire il primo weekend dopo Pasqua spiega Gianluca Cassandra, direttore del Teatro Moderno di Latina Dico questo per un motivo principale: con una tale situazione di incertezza non si può programmare nulla, per iniziare a rimettere in cartellone gli spettacoli sospesi bisognerebbe avere un minimo di stabilità». L'anno dei teatri nel corso della pandemia è stato durissimo: insieme ai cinema, alle piscine e alle palestre, sono le attività rimaste chiuse più a lungo. Diverse tra le realtà più piccole, in provincia come nelle grandi città, sono in difficoltà o hanno abbassato il sipario definitivamente. «Ci sono degli avamposti della cultura che devono essere tutelati afferma Cassandra Oltre ai diecimila euro del governo e la cassa integrazione, non si sono visti molti aiuti, più che altro per il fatto che i requisiti di accesso sono stati stringenti al punto che su 750 teatri privati in tutta Italia soltanto una settantina hanno potuto beneficiare dei 14 milioni di euro di ristoro. Ai teatri tra i 300 e i 600 posti come il nostro, infatti, venivano richiesti almeno 1.300 giorni contributivi, l'equivalente di circa 4 dipendenti fissi: un requisito inarrivabile per la maggior parte dei teatri privati. Il paradosso spiega ancora il direttore è che quando il Mibact si è visto arrivare pochissime istanze, anziché porsi qualche domanda e riformulare i requisiti, si è limitato a spalmare i fondi sui pochi che li avevano. E questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso perché il risultato è stato che meno del 10% dei teatri privati italiani ha beneficiato del fondo emergenza del governo nella sua interezza. A questo aggiungo che trovo molto triste che in tutta la penisola solo in tre abbiamo avuto il coraggio di reagire: se vinceremo noi, sarà per tutti». A fare causa al Ministero dei Beni Culturali, il Teatro Moderno di Latina insieme al Ciak e al Parioli di Roma: le tre imprese teatrali in prima battuta hanno tentato un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ma poi la lite è stata spostata al Tar di Roma. La prima udienza con i giudici amministrativi si è tenuta l'8 gennaio: l'ordinanza cautelare ha per ora dato ragione al Ministero sostenendo che i criteri contestati appaiono «non manifestamente illogici ed irragionevoli oltre che coerenti con la ratio legis, consistente nell'esigenza di sostenere ulteriormente le realtà imprenditoriali capaci di garantire un certo livello occupazionale, onde scongiurare il rischio di una definitiva fuoriuscita dei rispettivi dipendenti dal mercato del lavoro». Il mese prossimo dovrebbe comunque tenersi l'udienza nel merito, che analizzerà più approfonditamente la questione. «È come se Gualtieri (ex ministro dell'Economia, ndr) avesse dato il ristoro a fondo perduto solo ai bar che potessero dimostrare di aver avuto nel 2019 almeno 5 dipendenti con buste paga» dicono i direttori dei teatri ricorrenti, difesi dagli avvocati Antonio D'Aloia, Maria Francesca Monterossi e Valentina Gastaldo.
Stefania Belmonte
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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