Reale o virtuale, il mondo è nelle nostre dita. Pensano, compongono, suonano, illuminano. Sono anima e corpo, materia e spirito, tecnica e arte. Digital Life 2014 »» Play, quinta edizione della rassegna che esplora le sorprendenti affinità tra le nuove sofisticate tecnologie dell'Era soft e i linguaggi della creatività contemporanea, mette in mostra dieci opere sonore in cui musica, suono e strumenti musicali d'artista si trovano riuniti in cammino verso orizzonti futuribili (La Pelanda, piazza Orazio Giustiniani, fino al 30 novembre). Nel segno dell'interattività, il progetto a cura di Daniele Spanò è ideato dalla Fondazione Romaeuropa, promosso dalla Regione Lazio (che ha sviluppato una seconda sezione a Latina) e realizzato in collaborazione con Roma Capitale, il Macro, Le Fresnoy-Studio nationale des arts contemporains e la Biennale international art numérique di Montreal).
«Godremo l'intreccio costante di vie diverse per raccontare e ricreare, per evocare e illuminare», scrive nella presentazione Lidia Ravera, assessore alla Cultura di Roma Capitale. E le fa eco Spanò sottolineando «l'intento di restituire il carattere ludico e primordiale dell'esperienza sonora» con una sperimentazione trasversale del rapporto fra arte e tecnologia collegate dal filo rosso dell'interattività. Insomma, basta con le distanze tra opera e visitatori: l'Era Digital può cancellare queste categorie arruginite stimolando, al contrario, il visitatore-osservatore a dialogare con l'opera, a toccarla, ad animarla con il suo intervento, a condividerne il senso e divenirne, abbandonando la propria condizione di passività, attore-autore.
ALTALENA
Il moldavo Veaceslav Druta, ad esempio, invita il visitatore a salire su un'altalena appesa a due grandi ruote meccaniche che nascondono però una sorpresa: si tratta di alcune corde di chitarra, capaci di produrre suadenti armonie quando vengono stimolate dal dondolio dell'altalena. Dall'imprevedibile alleanza tra l'ex-spettatore, un gioco infantile e una macchina, nasce così una singolare opera sonora, il cui tono dipende dal peso dello spettatore mentre il volume è dato dalla velocità dell'oscillazione...
L'idea del visitatore trasformato in neodirettore d'orchestra ritorna, comunque, in altre opere. La francese Léonore Mercier, che può vantare un diploma in pianoforte, c'è riuscita creando uno straordinario anfiteatro di ventiquattro campane tibetane collocate su due pianie dando all'ex spettatore, attraverso l'uso di sensori, la possibilità di farle suonare e dare vita a una composizione musicale in progress. Donato Piccolo, romano, organizza invece un'orchestra stocastica che produce musica con semplici gesti del visitatore che alimentano diversi elementi meccanici collegati in maniera organica a oggetti di uso quotidiano (per esempio, una scarpa che scalcia ritmicamente contro un pannello di plastica). Zahara Poonawala presenta, a sua volta, un'installazione in cui alcuni diffusori mobili fanno da solisti (il flauto, il clarinetto, il violino, il contrabbasso...) reagendo ai movimenti del visitatore mentre una parete di speaker fissi crea un suono di sottofondo che, però, produce volumi e toni diversi.
BALLETTO COSMICO
Il movimento, che con l'interattività è il protagonista di tutta la rassegna, è l'anima di Cycloid-e e Arpa di luce. Cycloid-e si ispira addirittura al Balletto Cosmico al quale si riferisce Keplero nel teorema La musica delle sfere del 1619. È un'opera cinetica realizzata da André e Michel Décosterd, il primo musicista e il secondo architetto, e consiste in un pendolo composto da tubi di acciaio dotati di speaker che diffondono i suoni reagendo ai movimenti rotatori dell'installazione, una sorprendente danza nel segno dell'alta tecnologia.
Massimo Di Forti
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